mercoledì 23 gennaio 2008

Velasquez. Las Meninas, 1656


Anticipo per ora che emoziona tanto proprio per quel gioco di rispecchiamenti e di rimandi di prospettiva ottica che i critici d'arte ci ricordano essere stato portato a compimento nel modo più perfetto da Velasquez, in questo “Las Meninas” (Le damigelle).

Foucault inizia il suo testo “Le parole e le cose”con una densa descrizione del celebre quadro di Velasquez, Las Meninas, 1656. Secondo la lettura di Foucault il tema espresso è quello della rappresentazione. Il paradosso centrale del dipinto sarebbe costituito dall’impossibilità di rappresentare l’atto della rappresentazione. Il dipinto mostra tutte le funzioni necessarie alla rappresentazione ed anche l’impossibilità di riunirle insieme in un quadro.
La sua spiegazione del dipinto serve a tematizzare la struttura del sapere nell'età classica; l'analisi mostra come vi siano raffigurati tutti i temi della concezione classica della rappresentazione: il pittore, che ha smesso per un attimo di dipingere, sta fissando uno spazio nel quale siamo collocati noi, in quanto spettatori. Non possiamo vedere cosa stia dipingendo, perché la tela ci volge il retro. Tuttavia, proprio per la composizione del quadro, noi siamo assoggettati allo sguardo del pittore, siamo uniti al dipinto in quanto sembra che il pittore stia guardando proprio noi. Invece "il pittore dirige gli occhi verso di noi solo nella misura in cui ci troviamo nel luogo del suo modello. Noialtri spettatori siamo in sovrappiù". E' evidente che noi occupiamo lo stesso spazio che è occupato anche dal modello del pittore. Sulla parete in fondo alla sala possiamo vedere una serie di quadri quasi interamente oscurati dalla penombra. C'è tuttavia un'eccezione che risalta con evidenza: si tratta di uno specchio. Ciò che vediamo nello specchio è l'immagine di due personaggi, il re Filippo IV e sua moglie Marianna. Essi costituiscono il modello reale che il pittore sta dipingendo; nel quadro, accanto allo specchio, è situato il vano di una porta, nel quale è racchiusa l'immagine di un uomo, colto nell'atto di osservare la scena del dipinto, sia le figure che sono in esso rappresentate, sia i modelli che il pittore sta ritraendo. Chiaramente, questo personaggio è una rappresentazione dello spettatore.

(Tratto da Un'archeologia delle scienze umane: Le Parole e Le Cose, dal sito web italiano per la filosofia)

Davvero c’è una modernità, un passo evolutivo quando si arriva alla percezione che l’essere umano è sia soggetto che oggetto del proprio conoscere;

c’è uno spazio interno, psichico oltre a quello esterno di collocazione tra gli altri esseri;

ci sono tutte le figure dello scenario interno: la coppia genitoriale, il figlio/a, il testimone-osservatore-censore nella figura che sta sulla porta ed osserva( SuperIo? il terzo?).


Una lettura psicoanalitica, la lettura lacaniana circa lo stadio dello specchio:
Il rapporto del bambino con lo specchio è uno dei processi emblematici che lo portano a cogliersi come diviso tra il proprio vissuto (confuso e frammentato) e l’immagine riflessa di sé (corpo visibile nella sua interezza, cosa tra le cose). Egli deve trovarsi una posizione, sia pure paradossale. «Ciò avviene attraverso l’acquisizione dell’identità tra la propria “esteriorità” e la propria “interiorità”, tra l’immagine speculare e il proprio vissuto. L’immagine speculare è “esteriore a colui che la percepisce”. Veder-si non è sentir-si. L’esperienza dello specchio è il problema di questa differenza che attraversa il soggetto incrociando sentire e vedere sul bordo della sua identità”. Nell’immagine speculare di me stesso, «io sono”laggiù” dove non mi sento, e mi sento “qui” dove non mi vedo”
quando il bambino si guarda allo specchio e vi riconosce la sua immagine, si tratta di una identificazione, nel senso dato a questa parola dagli psicoanalisti, cioè della “trasformazione prodotta nel soggetto quando opera un’assunzione”. Riconoscere la sua immagine nello specchio significa per il bambino imparare che può esserci uno spettacolo di se stesso. […] Con l’acquisizione dell’immagine speculare il bambino si accorge di essere visibile sia per sé che per gli altri.
Per gli psicoanalisti, il visuale non è semplicemente un tipo di sensorialità. La vista è il senso dello spettacolo, ed è anche il senso dell’immaginario” Per Merleau-Ponty, il vedere non è solamente un modo sensoriale o una Gestalt percettiva. La visione mostra il carattere strutturante dell’immaginario, per cui il corpo stesso è fatto dalla sua immagine: “la carne è fenomeno di specchio”, dirà più volte. La riflessività dello specchio è il modello del vedersi fuori in immagine, cosa tra le cose. Ma qui lo specchio non è semplicemente l’oggetto che ha una superficie riflettente, né l’oggetto che permette l’evoluzione o la psicopatologia dell’io; è invece, un modello simbolico, una soglia a partire dalla quale il soggetto esperisce la propria esposizione al mondo, la propria esteriorità. Lo specchio come modello, simbolo, soglia è stato un leit-motiv della ricerca psicoanalitica sul rapporto madre-bambino: processi di rispecchiamento, risonanza, imitazione, sintonizzazione; fino al punto di ipotizzare in analogia allo stadio dello specchio, uno “stadio del respiro-voce”In effetti, al di là dello specchio come oggetto, la specularità dell’immagine o della voce-respiro è ciò che permette l’apertura all’altro, è il “tra” di ciò che è privato e di ciò che è comune. L’enigmaticità della situazione sta già tutta nella frase “io sono… quello”, dove “quello” può indicare: la propria immagine riflessa, l’altro, un personaggio, una storia, un mito, un oggetto… nel quale mi riconosco e/o mi identifico.
L’identità si struttura a partire dalle identificazioni. Ed è proprio su questo aspetto che Lacan ha insistito con maggiore evidenza. L’Io si formerebbe nella fascinazione dell’immagine speculare. La condizione frammentaria del corpo (io sentito) viene sostituita dall’identificazione nello spettacolo visivo di sé. Propriocettivamente il corpo è percepito come “in frammenti”. Questa frammentazione trova poi un suo ordine «riflettendo le forme del corpo, le quali, in un certo senso, forniscono il modello di tutti gli oggetti”.La ricomposizione in un ordine delle forme del corpo sosterrà poi le identificazioni affettive. Se l’Io si costituisce a partire da un processo di identificazioni, allora l’identità è sempre in fondo immaginaria. Ma cosa vuol dire “identità immaginaria”? Nello sviluppo del bambino, la predominanza delle funzioni visive, in questa fase, fa sì che la forma più intuitiva dell’unità del soggetto sia costituita dall’immagine speculare. «È questa “precedenza” del visto sul vissuto a determinare la natura immaginaria dell’identità dell’io”.. La sola vista della forma totale del corpo dà al soggetto una padronanza immaginaria del proprio corpo, prematura rispetto alla padronanza reale.

Lo stadio dello specchio in quanto emblema dell’identificazione, si presenta quindi come “inganno” in cui il soggetto è preso nell’immagine e quindi nello spettacolo di sé. Il mondo stesso diventerà lo specchio dentro cui continuerà a farsi catturare, a identificarsi. Ma se lo specchio-mondo è inganno, lo è perché esso è insieme inganno e unico luogo di possibile verità, di strutturazione e di incontro con l’altro. Là dove non si cede a questo inganno emerge la posizione psicotica.

(tratto da "Lo sguardo e la voce. Al di là della fenomenologia della percezione", in http://www.teatrovideoterapia.it/)


Lacaniana è anche la trattazione di questo tema da parte di Chiara Mangiarotti, che nel suo bel testo (che come tutte le impostazioni che si rifanno a Lacan, necessita di un preliminare lavoro di decodifica e di conseguente e conseguenziale "traduzione") "Figure di donna nel cinema di Jane Champion" (una regista per me di cult), di Franco Angeli editore, analizza 5 films della regista australiana intermezzati dall'analisi di 4 quadri d'autore, tra i quali Las Meninas appunto.
Non è possibile riassumere il punto di vista dell'autrice che comunque è di commento all'interpretazione che Lacan ha fatto di tale dipinto, in quanto ci vorrebbe un preliminare e un escursus dei punti fondamentali del pensiero lacaniano e sinceramente non è molto fattibile! Ma a chi fosse interessato davvero a queste cose mi permetto di suggerire la lettura, la consultazione o l'acquisto di questo testo.

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