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giovedì 9 dicembre 2010

Testaroli di Lunigiana. Un cibo molto antico molto semplice strepitosamente buono!




testarolo cos'è?

"I Testaroli della Lunigiana sono una pasta di antica origine. Diffusi già ai tempi di Roma imperiale, sono diventati nel corso dei secoli un piatto di prim’ordine della cucina regionale Toscana, semplice e genuina. Ancora oggi vengono realizzati con gli stessi pochi ingredienti di allora: farina, acqua e sale.

Con fedeltà ad un passato conservato con cura e rispetto, si continuano a preparare nella zona dell’antica città di Luni (oggi corrispondente al territorio della provincia di Massa e Carrara), impastati giornalmente dai fornai.

Il termine "Testaroli" deriva dalla parola "testo", che è il contenitore in ghisa (un tempo in argilla) nel quale avviene la prima fase della loro cottura. Sono a base di farina di grano (ma anticamente erano fatti certamente col farro) e si presentano come dei dischi molto sottili.
La preparazione successiva è molto più semplice. Vengono tagliati a quadrettoni o losanghe e poi versati in una pentola d’acqua salata che ha raggiunto la bollitura, avendo l’accortezza, prima di immergerli, di spegnere immediatamente il fuoco.
La cottura deve avvenire quindi a fuoco spento, per 3 minuti circa.
Infine si scolano delicatamente con un mestolo forato e si condiscono con il pesto - come vuole la tradizione della Lunigiana – o con qualsiasi altro sugo (ai funghi, al formaggio grana, alla ricotta, ecc.).

La loro porosità consente di assorbire i condimenti molto più delle normali paste, ed il loro spessore li rende assai più gustosi al palato
."

(da http://www.testaroli.net/)

li ricevo in gradito dono (grazie Andreino!),

li avevo per la prima volta assaggiati al ristorante "Fontevivo" in quel di San Miniato -Pi- ed ero rimasta folgorata dalla bonta pastosa del boccone tanto da commentare "ma dopo il latte della mamma metto il testarolo!"

è un'esperienza d'autocoscienza, una botta di regressione al cibo da svezzamento, al gusto gustoso sfamante del glutine, alla piacevolezza della gratificazione del manducare un boccone di pasta porosa morbida e nel contempo d'uno strato consistente, che va a sposarsi agli aromi profumati del basilico dell'olio buono dei pinoli e del parmigiano,

una roba estremamente semplice intendiamoci ma d'una portata degustativa d'appagamento strabiliante!

la morte sua è col pesto ma nulla vieta di schiaffarci un bel ragù di carne o di fungo, comunque anche nei ristoranti viene proposto al pesto,

disponendo, in freezer, d'un buonissimo pesto che avevo preparato per fare debito onore all'ultima produzione di foglie di basilico delle mie due piante basilicate,

così è stato giocoforza fare due + due!










provar per credere! è uno dei piatti più gustosi che si possa aver la fortuna d'assaggiare!


venerdì 19 novembre 2010

Ragù di carne e misto di funghi alla sapienza cuciniera d'un raccoglitore di funghi





l'amico fungaiolo che mi portato con sé alla cerca dei funghi mi ha anche spifferato senza tortura, come avrei dovuto fare la salsa di funghi, ci teneva che aderissi in toto alla sua ricetta anche se di tanto in tanto intercalava "noi si fa così poi te fa' come ti pare" "io te lo dico ma te fa come vòi",

non c'è voluto molto a capire che ci teneva eccome, c'erano due elementi che a tralasciarli non m'avrebbe più degnato di considerazione, la salsiccia e il concentrato di pomodoro, io non ci pensavo proprio di contraddirlo né di avanzare varianti o peggio di dirgli che ho qualche idea di come muovermi in cucina, no sarebbe stata un'offesa e mai gliel'avrei fatta, ho preso il ruolo di sbarbina e lui di mastro cuciniere, va bene! sempre a sfoderare l'armamentario puntiglioso maniacale per default! passar da bischero, talvolta, capita che c'ha i suoi lati positivi, riposi l'ego e non paghi gabella!


ecco l'ammaestramento:

"prendi della macinata ma di molta non come fa la mi' moglie che si tiene bassa con la quantità -tra l'altro la signora in questione cucina da dio e non lesina su nulla, ma sapete come sono queste polemiche tra coniugi, vogliono esistere anche fuor di logica- e la salsiccia ah la salsiccia ci vòle, ci metti l'odori che vòi, il misto di funghi, che sia un misto non una sola qualità perchè ognuno dà il su' sapore, la passata di pomodoro e poi assolutamente il concentrato di pomodoro quello che si strizza a dentifricio, mi raccomando il concentrato che gli deve dare il colore, non deve esse' sbiadito scialbo, ci vòle il colore"

allora se un fungaiolo ti mette a parte dei suoi segreti di sapienza boschiva e ti fa dono di tutti i funghi che ha raccolto e nel mentre a schiena curva s'arabatta alla raccolta e lì la butta ritornandoci a più ripresa di raccomandarti appassionatamente una ricetta di sugo fungaiolo, giammai penserei di non onorare tanto entusisamo, tale accento di volitività,

anzi lo piglio in parola, concordo su tutto e lo rassicuro a spron battuto " "guarda Vittorio che così sarà fatto",


il misto di funghi (finferli, giallarelli, dentini, cimbalii grigi e ocra)









la pasta, Spaghetti n°4 La Tosca di semola di grano duro di agricoltura integrata (di terra toscana)






il ragù di carne salsiccia e funghi con tutti gli odori del caso











il vino nuovo da San Gimignano (un Sangiovese lambruscato o un lambruschino very tannizzato)








tutti gli ingredienti:

carne macinata / salsiccia / misto di funghi / polpa di pomodoro / concentrato di pomodoro / odori: cipolla di tropea, aglio, basilico, salvia, pochi aghi di rosmarino, nepitella giacché fungo chiama nepitella / due pizzichi di cumino / un gocciolo di vino bianco / olio d'oliva extravergine / sale -



venerdì 22 ottobre 2010

Racconto fotografico passo passo di un Migliaccio di Toscana in ricca veste d'autunno

acclarato che delle vantate origini due soli gli elementi storici: la farina di castagne e un po' d'acqua fresca, tutto il resto è la mia personale versione ricca autunnale del migliaccio di Toscana:

prima:



dopo:



300 gr di farina di castagne, questa è dall'olimpo delle farine di castagne di toscana, dalla Val d'Orsigna, nel pistoiese, (il tibet di Terzani) prodotta e preparata ancor'oggi come dio comandava, con le antiche procedure della valle e lunga essiccazione;

4 cucchiai da tavola stracolmi di miele di acacia (viene da arnie in quel di Pienza);

4 cucchiai di olio evo (da Castagneto Carducci)

100 gr di vino bianco (toscano di Montespertoli)

100 gr di acqua del rubinetto;

un bicchierino di passito di Pantelleria, Pellegrino (ahi qualcosa di non toscano, potevo pensarci prima e mettere il vinsanto dei nostri amici And & Mir? ma forse non si spreca per un dolce il prezioso contenuto del caratello!);

3 uova intere;

una pera rossa williams;

un grappolone di uva fragola;

un masala di spezie: cannella, macis, cumino, zenzero, pepe bianco nero e verde;

semi di zucca (biologici);

semi di papavero;

una manciata di mirtilli neri essiccati;

foglioline ine ine di timo fresco;

un po' di pistacchi di Bronte ridotti in polvere unitamente a zucchero a velo-


mettete assieme sto' pandemonio come meglio vi pare, prima questo dopo quello, fate vobis!

decorare con semi di zucca e di papavero e foglioline di timo fresco e polvere di pistacchio,

in forno già caldo, per 35' a 180°



il racconto fotografico passo passo:
























mi piace! è piaciuto! ma i puristi mi sparano addosso!


lunedì 17 maggio 2010

Mela stayman una vera mela succosa e croccante. Ergo faccio la marmellata di mele stayman











scopro la mela stayman,

è d'origine americana del Kansas, è stata impiantata da un'ottantina d'anni qui in Toscana attecchendo molto bene nella val di Chiana (in territorio aretino)

la trovo tentatrice sul banco di Stefano al mercato centrale di Firenze e proviene da Foiano della Chiana,

la stayman ha tutte le carte in regola per l'esatta iconografia della mela,

è rossa è verde ha venature gialle,

è tonda è opaca (ma a lucidarla diventa splendida)ha l'aspetto rustico indispensabile ad ogni foto d'effetto in contesto look for style-food,

né piccina né gigante è di taglia media,

al fatidico morso sprigiona profumi e fragranza succosa,

è croccante deliziosamente appetibile

è come una mela debba essere!

scopro la stayman ed è un tutt'uno la voglia di trasformarla in marmellata,

guardo alla buona alcune versioni in web, m'astengo dal cercare nei libri ché non voglio sprecar troppo tempo e al solito decido di testa mia,

le esecuzioni d'una marmellata di mele in genere sono semplici e semplificate, le variazioni sono sulla quantità di zucchero, sull'aggiungerlo prima o dopo, sul lasciare la buccia o meno, nessun dilemma sulla pectina,

è la mela stessa che fornisce la pectina!

aggiungo il succo di due limoni, sia a profumare che ad addensare essendo anch'essi ottimi fornitori di pectina,

e così procedo:

innanzitutto la sterilizzazione dei barattoli che faccio bollire assieme ai coperchi (non disponendone di nuovi vincendo una mia esitazione sentito che molti così fanno), raggiunto il bollore lo mantengo per circa 10 minuti, poi con le pinze tutto a scolare su asciughino immacolato,

sbuccio 4 chili di mele stayman, privandole per prima cosa del torsolo (sono proprio torsoli e semi ad avere la maggior concentrazione di pectina e sono per questo usati all'uopo per produrre pectina in casa, ma non rientra nei miei piani questo tipo di lungaggine)

taglio tutto a fette ed il peso s'è ridotto d'un chilo,

decido di non usare 750 gr di zucchero per chilo bensì di ridurre a 500 gr dal momento che la mela è gustosamente dolce di suo,

per cui tre chili di mele sbucciate e tagliate e un chilo e mezzo di zucchero bianco semolato -scartando l'opzione dello zucchero chiaro di canna per la semplice ragione di non averlo in dispensa,

in un capace caldaietto d'alluminio metto la mole di mele, il succo di due limoni e due dita di bicchiere d'acqua -ci vado piano con l'acqua memore d'una disinvoltura che in altra occasione mi costò un sacco di tempo di cottura in più,

per una buona mezzora aspetto, rigirando spesso ad evitare attaccaticci, che le mele s'ammollino e si riducano di volume,

quindi passo al minipimer -bell'invenzione vuoi mettere ad usare il passaverdura o qualsivolglia sistema manuale di setaccio! e riduco tutto in purea,

a questo punto aggiungo tutto lo zucchero e in un attimo la purea ch'era vicina al consistente si va a liquefare in un succo parecchio più liquido,

cavoli mi dico ci risiamo qui ci vorrà un monte di tempo! me la cavo invece con trentacinque minuti di bollitura ed ho anche ecceduto giacché la marmellata ha sembianza liquida molle ma raffreddata diventa consistente e gelatinosa,

sembra per l'appunto una gelatina, una mostarda, una composta

e comunque la si voglia definire è riuscita squisita, ricorda molto il sapore della cotogna per me adorabile!

la quantità finale è risultata di un chilo e duecento grammi, a partire da quattro chili di frutta in origine


Nota a proposito:

scheda illustativa della stayman e qui il recapito di alcuni produttori in loco


Nota divulgativa:

circa la differenza tra marmellata (e confettura) gelatina e composta, ripresa pari pari da wikipedia:

"Il principio delle tre preparazioni è identico.
Il risultato varia, però, leggermente. Nella terminologia attuale con marmellata si intende una crema cotta di zucchero e agrumi a pezzetti (limone, arancia, mandarino, e più raramente di pompelmo, clementina, cedro e bergamotto).

La confettura indica la stessa preparazione riferita agli altri tipi di frutta.

La gelatina di frutta viene prodotta con zucchero e succo della frutta, senza polpa o buccia, ed è maggiormente usata in pasticceria per apricottare i dolci prima di glassarli. Compare anche come ingrediente di salse dolci.

Marmellata, confettura o gelatina vengono definite extra se il tenore di frutta è di almeno il 45% e solitamente ne hanno il 35% o 40%.

La composta di frutta si distingue dalla marmellata per il maggior contenuto di frutta e conseguentemente il minor quantitativo di zucchero aggiunto. La percentuale di frutta deve essere, per legge, superiore al 65%."




 
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