Bergonzoni, ovvero il contaminatore, uno che conta e uno che mina. Le parole, lui, le conta le scava le torce le estorce le piglia le striglia le mette sulla griglia le attorciglia su una biglia e gli rende la pariglia, te le schiaffa sulla staffa te le importa in una sporta, le sussurra a De Saussure, le strapazza le sollazza le cestina in una cesta e le impasta con un’asta, le concentra e le dissocia le disperde le sconquassa le stravolge.
La parola è meraviglia: prende senso e perde senso. Surreale sul reale.
Alla sua maniera raccontare cosa fa con le parole Alessandro Bergonzoni.
Il suo ultimo spettacolo “Nel” che alla fine vuol dire solo nel- è un monologo di un’ora e mezza di raffica e mitragliata di parole, tra che lui parla veloce e tutto non afferri e il pubblico che singhiozza spasmi di risate e risatine, non ce la fai a recepire, non gli stai dietro, è un Brachetti della parola, i suoi recitativi sono grappoli di non sense e doppi sensi e controsensi, ti piglia l’attenzione ma ti piglia pure il calo, nel tuo attimo di distrazione ha già snocciolato cinque frasi e dieci perifrasi. Un turbinio quasi stancante, lui esausto inchiodato al bis e doppio bis ma lo vedi e lo dice pure che vuole andare mentre il pubblico vorace con la smorfia del sorriso ancora applaude.
Notarella: geniale, a dire bravo lo sminuisci, però un po' come quando si dice il troppo stroppia anche con lui ti viene una stanca e ti par di percepire che lui stesso sia un po' stanco, ma forse così non è, certo avverti l'effetto scorpacciata e dopo aneli a un po' di digiuno.
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