andare in visita in un giorno di pioggia, sgranare chiacchiere rituali come in una recita a soggetto, volete il caffé? c'è la viennetta al sapore di zabaione, e storie dei figli fuggiti via, rimasti ad occhieggiare dalle foto nei portafotografie,
l'atmosfera è quella fissa e ferma del piccolo mondo antico, in cucina il divano vicino al camino, in diagonale la postazione della scatola televisiva che incombe, sollecita a propinare voci quando la solitudine è insistente,
la mia attenzione è presto catturata dalla finestra che dà sulla veranda, sulla vista di uno di quei vecchi tetti adorabili con le tegole a coppo, quelle raccattate e sgraffignate nottetempo da vispi geometri per farne citazione sulle nuove abitazioni,
nei canali tra le tegole sono spuntate erbe murali, le parietarie incallite a venti e a geli, ben sicure del fatto loro, di riuscire a sfidare l'esistente arrangiandosi con un pugnello di terra per vivere ed infestare indisturbate.
un filo per stendere i panni e almeno due mollette da bucato, invecchiate, superstiti a gesti inconsulti e bellissime ad estetizzare la mia foto, mi piacciono tanto da farmi ricordare di Josef Sudek, della sua luce intimista naturale che fa stillare poesia alle sue foto agganciandoti il cuore e portandoti per mano a toccare il clou, quel punto cruciale di un interno ed esterno separati ma in un lampo di luce divenuti uno, sì quel realismo interiore di cui la visione vorrebbe impadronirsi
2 commenti:
come dire che la vera poesia è nelle cose vere . quante storie simili e nelle foto del poeta è come traspirasse quella solitudine che lascia sulla pelle un senso di freddo.
tu dici solitudine senso di freddo,
certo la nostra soggettività si accende e ri-troviamo cose ed emozioni che ci appartengono,
il linguaggio della foto dice
e noi rispondiamo
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