venerdì 11 dicembre 2009

“Il cantuccio di Federigo”. Arsenale di pasticceria artigiana. A San Miniato. Elogio di Paolo Gazzarrini
































l'incursione in Arsenale:























la torta sfoglia: delitiae delitiarum













“Il cantuccio di Federigo”. Elogio di Paolo Gazzarini
Incursione nell’ Arsenale di pasticceria artigiana.

Paolo Gazzarrini ovvero un mastro pasticcere artigiano.
Non solo, un pasticcere filologo che concepisce la passione del suo mestiere con l’istinto di ricerca di memoria di approfondimento e di reperire conferma attraverso un atto di memoria che inizia da quella familiare della nonna del babbo e degli antenati più lontani almeno di cinque generazioni.

Il racconto familiare. Il suo ambito di evocazione e di soggettivazione radicata nella propria storia.
Storia olfattiva degustativa tattile. Storia d’affetto.

Conversare con Paolo fa piacere. Ha il tratto lui dell’affabulatore e non mi meraviglia, siamo in terra di Toscana dove la caratteristica, eventuale, e il talento, eventuale, vanno a legarsi a filo doppio alla genia. Vale a dire tratto culturale antropologico perché legato alla storia dei luoghi e delle genti, alla trama-testimonianza della cultura Alta e all’apporto linfatico della cultura bassa che è Alta anch’essa.

Così affiorano nel racconto i ricordi dei dolci di casa, come li faceva la su’ nonna, quello alla frutta secca, che lei teneva a bagno anche quindici giorni ed ora è consacrato in torta di frutta secca cotta al forno, quello stesso dolce lì in vetrina, col suo velo di crema al limone stesa sulla frolla. Una libidine! Paolo me ne fa omaggio di assaggio.

Babbo Rino e il suo figliolo Paolo lavorano in laboratorio, attiguo alla bottega.
La bottega! Un piccolo fragrante antro per l’expering sensoriale di qualcosa che voglio sintetizzare in dolcemozione.

Un profumo buono e caldo satura l’aria, l’odore tiepido del forno di casa ti riveste avvolgendoti in viluppo appena varchi la soglia.
Il naso comincia a fremere e le papille a salivare. I profumi sono tanti, si son mischiati e sovrapposti, sono inebrianti e fusi assieme.

Vai è fatta! Siamo in una fiaba, dentro lo spazio mitico di un fondamentale archetipo di fiaba: luogo del sogno dolce, fiaba insuperata dell’accoglienza dolce dopo un cammino peregrinante.
Noi abbiamo percorso solo 42 km in macchina per il piacere di stare qui.

L’accoglienza dolce, stringi stringi è l’imprinting dell’inebriante sorsata di latte buono al tepore della poppata della mamma.
Anche allora il profumo è stato tutto! L’odor di mamma prima poi il caldo seno-poppa-sisa. Indelebile ricordo dei primordi.

Sono piombata nel caldo antro-bottega d’arte bianca dolce e mi sovvengono gli inizi.
Non è per niente un caso! Sì l’odor materno ci ha segnato e in successione l’odore della casa, e l’odore della cucina –stanza magica-alchemica della sorgente di odori- e l’odore del forno, riempito di portentosi contenuti e l’odore della torta che sta nel nostro forno. Alchemica magia. Un marchio come quello sulla schiena di Milady dei tre moschettieri di Dumas.

Ci s’inebria di odori mentre si snoda il conversare con Paolo.
Tra me e lui è come invitare due lepri a correre! Tacitamente e loquacemente un pas à deux!

Nel suo racconto circola la passione, la scorgi nella mobilità dei muscoli della faccia, nel gesto indicativo della mano che addita una in particolare delle sue prodezze, nella serietà intensa della parola che si fa narrazione, dalla quale scaturiscono le tracce della vita di quest’uomo in grembiule sporco da laboratorio.

Paolo ha trascorso la sua vita in bottega in un piccolo borgo storico della provincia pisana, intuisco e lo dò per certo che non ha mai smesso di perseguire intensità, crede al suo progetto, vuole garantire la genuinità dei prodotti sempre e comunque: è il suo credo.

Lui dice semplicità ed umiltà nel lavoro: semplicità! Mi riecheggia nelle orecchie, umiltà! e credo di capire che intenda niente prosopopea. Che faccio? M’inchino? Mi limito a fargli un sorriso, gli dico, sai, (abbiamo subito adottato il tu, spontaneo) queste due paroline fanno di te un salmone che risale controcorrente.

Lui ridacchia e ribadisce che è il suo modo di lavorare, aggiungendo colore filosofico al discorso con l’ammettere un’anima luddista: sì abbiamo qualche macchinario –come a dire ahimè non se ne può fare a meno- ma c’è una differenza abissale tra il prodotto lavorato a macchina e quello uscito dalla manipolazione delle mani – e le smuove davanti a me le sue mani- c’è un’energia primordiale negli elementi/alimenti e con le mani si va a toccarla da vicino, lui lo fa! ama lavorare con le mani!

E un’altra passione ancora ha: i passiti!
Mania o collezione fatto sta che sono tutte lì radunate, in negozio, le sue belle e vecchie bottiglie di passiti e vini liquorosi provenienti da ogni dove.
Come soldatini se ne stanno in parata con le etichette sbiadite dalla patina del tempo e ciascuna con un’aura di nettare distillato unico al mondo.

Da ogni bottiglia un’ispirazione per una storia e quante storie sono qua racchiuse in questo cantuccio che rende omaggio a Federigo II, all’imperatore, cui si deve, nel complesso delle fortificazioni, la rocca dove fu imprigionato e morì Pier delle Vigne il suo cancelliere.

San Miniato s’è rivelato un piccolo scrigno di gioie e nel suo interno, a scatole cinesi, c’è una bottega che al suo interno racchiude meraviglie.

Tocchi con mano, in questo luogo di artifici, la presenza d’ una magia sottile e impalpabile, invisibile che c’è, lo sai che c’è perché te ne senti avvolto.

Entrano clienti del paese, fanno i loro acquisti, scorgo atteggiamenti spiccioli beh forse loro sono abituati alle crostate e al panforte di Paolo, io non mi perito di esternarlo il mio entusiasmo e mi par logico che irrompa vivacemente lì in bottega e nell'arsenale là nel retro.

Paolo e il suo babbo Rino, apprezzano e colgono il mio accento di sincerità che attesta riconoscenza alla passione con cui hanno impastato i loro dolci.

È un giusto ritorno, il feedback ci vuole, che sia sacrale riconoscimento per chi lavora a quei livelli: cercare di persona i frutti di bosco per farne marmellata per le crostate future, tampinare un agrume in estinzione come la lumìa, trattare mandorle di Avola, flirtare solo con cioccolato Domori o Amadei oppure, se gli gira, a Paolo, farselo da sé il cioccolato (intanto mi fa assaggiare una pralina), aromatizzare con l’arancia o il pistacchio una nuvoletta fragile di ricciarello, che già in nature è un’estasi.

Sfilate di ricciarelli e cavallucci, fatti a mano, dico a mano, sono allineati sulle lastre da forno, vengo invitata a servirmi, ho quasi esitazione a stravolgere una geometria e scelgo da una parata già avviata.

L’incursione nel laboratorio! è stato giocoforza! Ho semplicemente seguito un tracciato magnetico che mi ha fatto accerchiare il bancone del negozio e svoltare a sinistra.

L’incontro col babbo Rino è stato forte, degno di nota, per via che subito mi viene di rivolgergli un apprezzamento, lui si disarma e depone la maniera un po’ rude, si capisce lontano un miglio che ha il cuore tenero come quello del ricciarello uscito dalle sue mani laboriose. Ha accantonato, l’ho visto che l’ha fatto, il suo stile per default burbero e ruvido. Lo approccio subito con una rivelazione: ho antenati mugnai e imbrattarmi di farina per me è un onore oltre che traccia di reminiscenza, a parlar chiaro, allearci di amicizia è presto fatto e in men che non si dica siamo a canticchiare assieme Firenze sei bella di Carlo Buti e a chiacchierare completamente in agio con garbo e tenerezza.

Mi omaggia in successione, babbo Rino, di fette del panettone.
Il loro panettone! Strabiliante! Lo so che è nel novero dei dieci migliori d’italia secondo stima del gambero rosso, lo so che sono i fornitori da ventanni e oltre di case di moda fiorentine e di case borghesi e gentilizie milanesi e parigine e pure berlinesi.

Lo so perché me lo racconta babbo Rino e mi mostra pure un cupolone di panettone da tre chili e mezzo che stanotte prenderà il volo per Caracas. E non mi meraviglierei a questo punto se mi citasse pure il marchese di Carabas perché stopanettone è da favola!

Ve lo descrivo come posso: ecco velluto puro, fate conto di mangiare del velluto dolce che sa soavemente di burro (quello di Beppino Occelli o il burro di Soresina), un velluto che è armonico, dolce il giusto, che è un’idea immediata di sofficità, che è fragranza come appena sfornato.

Il loro panettone è con o senza le scorzette tipiche candite ma con l’uvetta sempre oppure al vino moscato per un sapore più fruttato o con la presenza di cotogne.

E poi devo dirvi dei cavallucci, più piccoli e più teneri di quelli di Siena, ah decisamente più morbidi, quelli in confronto sono pietre, ciascuno porta sulla sommità un affondo di pollice di Rino che li fa lui manualmente e sono una delizia concentrata di medioevo speziato, non quello terribilis della storia, bensì quello gentile e amico come un proto cristiano che ti parli di gesù.

I cantuccini sono speciali, quelli di Prato, mi sbilancio perchè ne ho convinzione, possono scavarsi una buchetta e ricoprirsi, questi sono bis-cotti cioè due volte cotti, son meno dolci dei soliti, più equilibrati, di consistenza perfetta con un sentore appena di anice, friabili e croccanti.

E i brigidini? Per l’arte del brigidino ci vuole competenza e rispetto della tradizione, per questo sono stati inseriti, unitamente ai cantucci, tra i prodotti agroalimentari tradizionali della toscana dall’apposita Agenzia regionale Arsia, una produzione quindi da tutelare essendo a rischio di scomparsa, da conservare nell’osservanza della loro integrità.

Cantucci e brigidini dei Gazzarrini hanno avuto tal riconoscimento e Paolo me lo racconta con orgoglio.

Infine tra le varie leccornie di cui mi rifornisco, anche il panforte ci mancherebbe altro! incontri la morbidezza e t'arriva un profumo estasiante, eppoi ce n’è una da mettere al top, per gusto mio, una torta sfoglia, così l’ha chiamata il suo artefice.
Quando a casa l’ho assaggiata sono andata in visibilio! È fatta di pasta sfogliata, ma non solo, la base sotto è di sfoglia, su cui c’è un velo di marmellata di albicocche con la presenza di frammenti di frutta, sopra c’è un impasto, forse una pasta montata (devo meglio appurare) di morbidezza e bontà ineguagliabile, infine un cappello di sfoglia, ancora, con svolazzi e volute ondeggianti. Grandiosa esecuzione! Godimento del palato!

Con vera felicità porto a casa alcune prelibatezze:

una crostata d‘arance amare
una crostata di visciole (sempre più introvabili)
una torta sfoglia
panforte
cantucci
ricciarelli di tutt’un po’, naturali bianchi, al cioccolato, all’arancia, al pistacchio,
un panettone classico
un panettone con cotogne

Elogio quindi dei Gazzarrini, della loro arte pasticceria svolta ancora con amore.
E un senso di gratitudine esternato attraverso questo mio personale entusiastico omaggio.

Nel frattempo recepisco la mia mente golosa impelagata a pregustare il piacere di altri assaggi!

Attendendo incontri ravvicinati prossimamente!



Il cantuccio di Federigo
Via P. Maioli, 67
San Miniato -Pisa-
tel e fax: 0571-418344

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Ne so qualcosa di quella crostata di arance amare, ed anche marco con cui si è litigato di fronte ad una spartizone giocata al millimetro. Vorrei quel panettone sulla mia tavola a Natale! Molti saluti da me, da un babbino natalino cavallerizzino e da 2 lapponi sorridenti che fanno bella mostra di loro sul mio buffet! Bargeld

papavero di campo ha detto...

oh tesori miei le assaggerete queste buone cose ve lo prometto!
assaggi dolci per pensieri dolci è il nostro motto di natale intesi?

Francesca ha detto...

Chi tra le torte chi tra le mozze mozzarelle! quante delitiae :)

Elice ha detto...

qui c' è da perdersi, che belle foto e che belle crostate, io nel mio piccolo pero' ieri ho fatto una torta con del pan di spagna e del cioccolato!

fedeccino ha detto...

credo di essere toscana inside.

papavero di campo ha detto...

francesca, mozzarellina per la dietina, la crostata per l'abbuffata:-)

angela ben approdata!
il dolce di nostra fattura è la nostra piccola grande magia!

federica mia toscanofila! te un salto a san miniato ce lo devi fare

Marie-Claire ha detto...

Toutes ces douceurs me font tourner la tête !

a.o. ha detto...

Diavolo di un papavero goloso, l'incursione nel laboratorio!!! proibitissima ai più, è una tua prerogativa.

Ciao Pap, dolce Pap.

Caty ha detto...

elogio all'elogio e al pasticcere , quanto amore del fare con amore e passione .

Grazia ha detto...

ah quante sapienti delizie... la torta sfogliata mi ricorda da vicino la "torta russa" di verona, la conosci? anche in rete ce ne sono mille varianti, ma non dirlo a federigo!
baci

papavero di campo ha detto...

marie claire bienvenue!
oui tourner la tete et saliver honteusement avidement comme un chien!

aiuola, impulsività papaverina non pensa limite..mi salva spero un piglio sincero!

caty, anche a te come a federica la sorella dissimile, un invito ad una visita dolce samminiatese,

grazia come va il collare?
mi fai conoscere la torta russa, una ricetta seducente e russa -con lancio in terra di bicchierino,
di simile c'è la sfoglia di base che riscende a cappelo ma l'impasto interno è diverso..però non male il pasticciaccio di amaretti, lo provo lo provo!
il blog una cordata lo dico sempre:-)

Anonimo ha detto...

ecco spiegato il mistero della vita !Quando uno si chiede perche' vivo?per quella crostata coi pinoli e gelatina di limone per esempio?!!!!!Papavero please ,prima di mandare immagini di questo tipo la prossima volta avverti!!!!!Un abbraccio da carmen

papavero di campo ha detto...

carmen sotto natale ogni dolce vale e la nostra dietuzza può aspettare aspettare aspettare...

fedeccino ha detto...

Sai cosa Papavero,meditavo dopo le feste su un breve soggiorno in un luogo nel pisano trovato in un articolo su 'D', il cui titolo rivelatore e' "dimagrire in Toscana".
Luogo di diete e massaggi e consulenze sul rapporto col cibo.
Perche' non combinare il tutto con una bella visita a San Miniato ed un tuffo nella China, cantucci e crostata ?? :)
Manchero' forse di coerenza, ma non di organizzazione :)

Cuoche dell'altro mondo ha detto...

Nonostante la Germania abbia dei dolci spettacolari mi mancano da morire pasticcerie italiane come questa.
Che bell'incursione. Il babbo pasticcere è commovente. Ti invidio per poter essere entrata dietro le quinte della pasticceria.
Un abbraccio caro Papavero, mi scuso per la mia latitanza. Ho le batterie un po'scariche. Parto fra tre giorni per Roma e spero di ricaricarle per poter ricominciare con entusiasmo nel 2010.
Alex

Grazia ha detto...

Hallo, Papaverinha, il collare l'ho buttato e sto un po' meglio. La torta russa l'ha portata un amico di Verona ospite da me sull'appennino di Huatabampo: una colazione sontuosa per una delle prime mattine d'autunno. L'ho rifatta e la trovo addirittura terapeutica.
Bella l'idea di passare delle vacanze dimagranti in pasticceria,potrei approfittare delle doti organizzative di Fedeccino...

baci

Effeti ha detto...

mia zia ,quasi novantenne, si ricorda quando sfollata a San Miniato in tempo di guerra andava a comprare il pane dai Gazzarrini e,suppongo, la nonna di Paolo faceva finta di non accorgersi che qualche volta il segno sulla tessera annonaria era stato cancellato!("eravamo a stecchetto"...)

papavero di campo ha detto...

federica urge adesso piccola puntualizzazione, l'ho saputo oggi, in questi giorni natalizi fanno solo dolci natalizi, quindi niente crostate e torte però i canonici panettoni, panforti ricciarelli cavallucci e cantucci, che valgono bene una visita! e china e passiti a volontà!

papavero di campo ha detto...

cara alex grazie di essere passata, ti auguro ancora giorni pieni e fortunati e un relax romano come un tuffo rigenerante in un'altra dimensione,
anche un abbraccio forte!

papavero di campo ha detto...

grazia quella tortarussaveronese sembra fiamminga, alta turrita strapiena, mi era sconosciuta, sontuoso più dolce uguale gratificazione nunc!

papavero di campo ha detto...

effetti che bella testimonianza! grazie, rendi più vero il racconto di queste belle persone reali

artemisia comina ha detto...

che armata di torte! e quelle bocche, si sente proprio che parlano toscano.

papavero di campo ha detto...

arsenale di pasticceria non trovi che sia geniale?
armata di torte,
armarsi d'ingegno e di lavori
armamentario di cucina,
armieri pasticcieri,
crociata santa!

simoff ha detto...

non so se sono più stordita dal profumo che dalla minuziosa descrizione non poteva non uscire dal post, o dall'atmosfera, dalle belle mani degli artigiani appassionati, dei ricordi dei brigidini (per me latro che madeleines...)
questa incursione deve uscire dal sogno e diventare presto realtà....

simoff ha detto...

non so se sono più stordita dal profumo che dalla minuziosa descrizione non poteva non uscire dal post, o dall'atmosfera, dalle belle mani degli artigiani appassionati, dei ricordi dei brigidini (per me latro che madeleines...)
questa incursione deve uscire dal sogno e diventare presto realtà....

 
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