giovedì 10 febbraio 2011

Riflessi e specchio. Autoscatti e i versi di John Donne












Per nessun altro, amore, avrei spezzato questo beato sogno. Buon tema alla ragione, troppo forte per la fantasia. Fosti saggia a destarmi. E tuttavia tu non spezzi il mio sogno, lo prolunghi. Tu cosí vera che pensarti basta per fare veri i sogni e le favole storia. Entra fra queste braccia. Se ti parve meglio per me non sognar tutto il sogno, ora viviamo il resto.


John Donne, da Poesie amorose e teologiche, Trad di Cristina Campo, Einaudi

a seguire un'altra traduzione,

caro amore,
per niente al mondo, solo per te,
avrei spezzato questo sogno beato,
era tema per la ragione,
troppo forte per la fantasia-
fosti saggia a svegliarmi, e tuttavia
il mio sogno tu non spezzi, lo continui.
Tu così vera, il pensiero di te basta
a far dei sogni verità, delle favole storia.
Vieni tra le mie braccia. Poiché ti parve meglio
ch'io non sognassi tutto il mio sogno,
viviamo il resto.

John Donne, Poesie sacre e profane, trad. di Rosa Tavelli, U.E.F. 2008



voglio postare degli autoscatti sul tema riflessi e specchio, s'affolla tutta una serie di rimandi e mi ritrovo come a rimpiattino il discorso della reciprocità ma pure della relazione dialogica tra sé e sé o tra il pensiero e il frammento di mondo esterno, e s'intrufola il senso della necessità, su tutto poi aleggia l'aura di sogno, la nebbianuvola della rêverie sovrasta questa sorta di sperimentazione espressiva con i sentimenti preesistenti, ed ho tra le mani un libro di psicoanalisi di Marion Milner che dipana suggestioni a più non posso perché lei da sempre è stata costantemente dedita ad "acquisire un'attitudine giocosa che significa libertà dalle proprie paure" ("Scoprire in ultimo che l'unico scopo della vita potrebbe essere il non averne"),
e tutto si lega,

l'associazione con John Donne viene di getto tanto che vado a ripescare un vecchio post che era rimasto celato e forse non visto da alcuno se ne stava a sonnecchiare parcheggiato nel settembre del 2008, no non lo lascio lì a candire, lo libero dall'incantesimo passato ed è qui ora a precedere questi versi d'ora, stesso poeta stesso clima mentis e sensoriale, stessa immersione inconscia in una soggettività animata che anela alla raffigurazione,

immagine e parola si coniugano e si contemplano nella rêverie


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