giovedì 25 agosto 2011

il taralluccio abruzzese costiero







oggi, per acquisire manualità, mi sono cimentata col taralluccio, qui fanno la pasta del guscio molto morbida e si manegga con difficoltà, mia madre invece fa la pasta meno unta e il taralluccio molto grande perché così usava ai suoi tempi, adesso invece è invalsa la moda di farli piccoli da un sol boccone.

L'eccellenza di questo tipico dolce dell'abruzzo costiero è quello di essere squisitamente genuino e di una semplicità difficile. Non c'è zucchero.

Il ripieno è la parte strabiliante: una marmellata d'uva nera, di uva montepulciano, che è solo ed esclusivamente di uva, disidratata giacché per farla ci vuole uno spropositato numero di ore, cioè non meno di 10-12 ore, si comincia a farla asciugare e rimestare e non si sa quando si finisce, dipende, finché evapora tutto l'umido. In dialetto perciò si dice lu strattarello (l'estratto).

Va poi addizionato di cioccolato fondente grattugiato, di mandorle abbrustolite e tritate fini, odor di buccia di limone e se il caso un po' di liquore aromatico, tipo strega o limoncello, ma io oggi non ho voluto mettercelo il liquore e lasciare questa miracolosa mostarda il più possibile naturale.

E' un'esperienza mistica.

La laboriosità e la cura che ci sono a monte ne fanno un cimelio prezioso, un tributo alla cura, all'attenzione, alle fasi di lavorazione recondita.

Nessuna banalità ma la costanza d'una traccia di memoria dolciaria della tradizione contadina abruzzese. Dolce tipico agli sposalizi e a tutti i riti contadini,alle trebbiature, alle vendemmie eppoi esteso alle occasioni festaiole familiari.


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