Visto nel pomeriggio Albert Nobbs con Glenn Close,
è bravissima la Close a rendere nella rigidità del ruolo la deprivazione affettiva che però non è mai totalizzante, è lo sguardo ancora lo sguardo a tradire il residuo di umanità se non di straziata nostalgia di femminilità. E la negazione e la rinuncia e l’acquiescenza sono per difesa per sopravvivere. Farsi anchilosati e potarsi da se stessi per non morire del tutto;
avevo visto il trailer e subito s’era presentata una resistenza, mi dico no non lo vado a vedere, mi inquieta la bruttezza astratta della close, brutta in quanto uomo brutta e in quanto donna, e dico brutta nel senso di un’estraneità a qualsiasi identità di genere, una caricatura di un essere umano, una maschera adattata ad una realtà di maschere;
a farmi cambiare idea, scopro che c’è una canzone per il film cantata da Sinead O’Connor, la mia amata. Poi leggo una recensione sul manifesto e ritrovo quella serie di elementi che mi sono da sempre d’interesse sintonico, e vengo a sapere che la Close ha voluto fortemente questo film covandolo per trentanni senza trovare i finanziamenti e solo di recente con il sostegno di altre due donne l’ha potuto fare, curando anche la sceneggiatura e affidando la regia a Rodrigo Garcia, il figlio dello scrittore Garcia Marques,, ritenuto degno di un certo sguardo di sensibilità sulla vita delle donne. Allora mi scatta la voglia di vedere il film e mi interrogo sul pregiudizio avuto sull’ inquietante della faccia della Close. Il perturbante ha questa sorte, che lo vuoi allontanare ma pure ti attrae;
ne è valsa la pena, il film è molto bello e bella la ricostruzione d’ambiente;
da ritagliare alcuni momenti di penetrante intensità emotiva,
lei bravissima a rendere la credibilità taumaturgica del sogno come via di fuga, ci sono sequenze in cui sono gli occhi, solo gli occhi a parlare e c’è il beneficio visivo ed emotivo di alcuni toccanti momenti di desiderio liberatorio, la corsa sulla spiaggia..ma poi c’è la caduta che non depone bene, proprio no;
straziante la vita miserabile di tutta la gente che è stata espropriata di sé,anche se in una comunanza esistenziale si deve ammettere che anche i benestanti sono maschere, dice il dottore -che come tutti i dottori personaggi cecoviani, incarnano lo spirito dei lumi e nel contempo sono depositari della sconfitta- “io faccio il dottore lei fa il cameriere, siamo travestiti da noi stessi, la nostra maschera è di fare quello che facciamo”
una pecca c’è: la mancanza di una buona colonna sonora, la canzone di Sinead si ascolta solo alla fine mentre scorrono i titoli di coda ed è un assurdo, avrebbero potuto inserirla proprio nelle sequenze più intimiste, quella del bucato steso all’aria e nella corsa sulla spiaggia, ecco se questo film avesse avuto una degna musica (penso a Nyman di lezione di piano) avrebbe le carte per divenire un cult, la musica è fondamentale per l’esito di suggestione di un film
ALBERT NOBBS: Sinead O'Connor sings Lay Your Head Down
Lay Your Head Down - Sinead O'Connor, Byrne & Brian la RTÉ Concert Orchestra
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