Salomon Resnik mi piace moltissimo, psicoanalista sul campo e scrittore di psicoanalisi tra i più affascinanti a mio avviso per il suo modo di essere appassionato e fiducioso ma schivo e il più lontano possibile da soluzioni dogmatiche o esaustive e per l’anelito invece all’interrogativo più che all’accomodante risposta.
La sua psicoanalisi è una peripezia, un’avventura verso le zone oscure dell’essere, e lui stesso si lascia abitare dai suoi pazienti, li ricovera in lui ed anche sa fare loro visita, emigrando in territori sempre mobili e in divenire lungo i confini con l’arte, con la filosofia e con la follia.
La sua psicoanalisi è una peripezia, un’avventura verso le zone oscure dell’essere, e lui stesso si lascia abitare dai suoi pazienti, li ricovera in lui ed anche sa fare loro visita, emigrando in territori sempre mobili e in divenire lungo i confini con l’arte, con la filosofia e con la follia.
Il trattamento con i soggetti psicotici e borderline è stata la sua grande impresa, difficile vicenda ma persino possibile al fine di aprire un cammino verso la psicoanalisi degli stati psicotici.
Resnik che si è occupato, con intensità e poesia, del sogno, ha un pensiero suggestivo, associativo più che dimostrativo, correndo incessantemente il rischio di rendere più visibile il suo inconscio e per ciò stesso invita chi lo legge a rendere il proprio meno opaco e ad accostarsi con ritmo e con abbandono al suo imprevedibile, al suo nascosto e al suo enigmatico.
Dice Resnik che è necessaria la coscienza per formulare l’intuizione dell’inconscio e ciò che ci mostra è che l’inconscio è la nostra biografia e che esso scrive la nostra vita e che il percorso e l’esperienza della cura ce la fa conoscere: rilevazione di tracce, reticolo di senso, riscontri di segni, insistenza di enigmi e ripetizioni.
Resnik che si è occupato, con intensità e poesia, del sogno, ha un pensiero suggestivo, associativo più che dimostrativo, correndo incessantemente il rischio di rendere più visibile il suo inconscio e per ciò stesso invita chi lo legge a rendere il proprio meno opaco e ad accostarsi con ritmo e con abbandono al suo imprevedibile, al suo nascosto e al suo enigmatico.
Dice Resnik che è necessaria la coscienza per formulare l’intuizione dell’inconscio e ciò che ci mostra è che l’inconscio è la nostra biografia e che esso scrive la nostra vita e che il percorso e l’esperienza della cura ce la fa conoscere: rilevazione di tracce, reticolo di senso, riscontri di segni, insistenza di enigmi e ripetizioni.
La coscienza si rende necessaria per trasformare questi frammenti in racconto, tentare un’interpretazione, generare un processo di storicizzazione, riconoscersi una storia.
3 commenti:
trovo tutto ciò molto interessante.
provvederò.
aura
ottima segnalazione.
sei una fonte di ispirazioni
Anche io amo Salomon Resnik, un uomo capace di penetrare nelle profondità dell'animo umano, anche nelle sue parti più oscure e sconosciute ai più, senza ferirlo e con poesia; uno psicoanalista fuori dalle righe.
Mi piace molto il modo in cui lo hai presentato.
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