giovedì 30 luglio 2009

Alexandra. Un film di Aleksandr Sokurov








la trama del film, qui:




http://web.tiscali.it/cepsidionline/alexandra.htm


I miei pensieri sparsi in après coup, dopo la visione del film:

visto due sere fa ad un cinema all’aperto un film di Sokurov, Alexandra,

sulle prime mi sto annoiando, metti pure il luogo scomodissimo, lo schermo piccolo i sottotitoli che non si leggono, l’ombra di un palazzo incombente sullo schermo, delle seggioline sbilenche spezzaschiena, la gente che fuma del tutto indifferente d’arrecare disturbo, chi si massaggia le gambe con gocce di citronella o affini spandendo nell’aria un irrespirabile tasso di profumazione aggressiva, tutto concorre a farmi stufare al punto che penso seriamente di andare via e procurarmi il dvd da vedere in santa pace.

Poi nello snodarsi della storia ecco che compaiono alcune scene commoventi,
si smuove l'emozione e sono catturata, scordo completamente lo scomodo e il disagio e smetto automaticamente di provare sentimenti d’intolleranza verso gli avvelenatori dell’aria,

Scena:
quando questa nonna che va al fronte per rivedere il nipote, porta fuori incalzata dal nipote stesso il suo tratto di vulnerabilità e parla della sua paura del suo bisogno dell’altro ma soprattutto, io ci vedo, una esigenza riparativa, come se il rendersi conto di tutto l'accumulo delle mancanze sul piano degli affetti fosse lì in quell’attimo spiattellato in tutta la sua insensatezza irreparabile ma con un lampo di speranza,

Scena:
col nipote ci sono stati momenti riconciliativi (ciascuno, direbbe Bion, slittando dalla posizione persecutoria proiettiva schizoparanoide a quella depressiva della preoccupazione per l’altro) e la tenerezza ha invaso i cuori, l’amorevolezza ha il sapore buono di una carezza sulla guancia e sui capelli e la massa di quei capelli grigioscuri e fluttuanti in onde mosse imposte dalla costrizione della treccia è nella mani del nipote, una matassa di capelli non più imbrigliati ma sinuosa e spumosa ed è il nipote, questo maschile che ristabilisce regole, a farle la treccia, ad operare la magica tripartizione accavallando parti di capigliatura in quella mirabile eterna bellezza femminile della treccia, è sufficiente, ora, pur nell'inesorabilità di riallacciare lo schema, aver potuto assaporare e quindi interiorizzare il momento della vicinanza, dell’unione prima della necessaria distinzione e separazione.

Un momento altissimo di emotività e di dinamica psichica, resa con la magia della cinema nelle mani di chi sa fare film, un film di questo tipo.

Scena:
accadono, nella trama della storia, alcuni momenti di solidarietà femminile tra anziane di posizione politica e patriottica diversa, tra Alexandra, che è russa e Malika che è cecena, una esperenzialità della saggezza del femminile, una memoria ritrovata del sapere delle grandi madri oppure meno minacciosamente delle comuni donne sapienti nell’esercizio della condizione umana femminile. Non c’è necessità di grandi spiegazioni, poche note di cronaca per spiegarsi l’attrazione di un incontro, ma sono gli occhi e la marea di pensieri, dietro, che stanno dialogando fra loro, sono i loro due inconsci che si stanno appaiando e stanno colloquiando. E sarà il camminare insieme fino alla casa di Malika che desidera dare accoglienza a Alexandra, Malika che ha fatto l'insegnante ma ora vende sigarette, intende in maniera lucida e presente farsi accadere il dono dell’incontro, e saranno le mani della cecena a sollevare le gambe doloranti della donna russa, e sarà quel thè, quel chai non profumato come si vorrebbe o come si ricorda nel passato, il passare della tazza col balsamo bollente a far transitare il balsamo dell’accoglienza, del sostegno accogliente che vogliamo sempre ripetere e di cui abbiamo disperatamente e vitalisticamente bisogno, infine saranno i saluti fra le due anziane, in stazione lì davanti al carro ferroviario Alexandra issata sopra e Malika rimasta a terra sui binari con le altre donne , quante cose stanno passando in quegli istanti della separazione fra i cuori di queste donne, l’indirizzo scambiato e il rinnovare l’invito ad una visita futura unitamente al sapere che non accadrà ma che sarà come se fosse accaduto..

Scena:
infine quando il generale di brigata accosta vicinissimo la sua mano a quello di Alexandra che sta trascinando il suo bagaglio, prima di andar via, dopo aver visto da vicino la follia di tutto quanto,
sfiorare la mano dell’anziana nonna, sarà per il militare, l’opportunità di dubitare, di arrendersi finalmente all’evidenza, laddove le parole sono state inutili e al solito si sono rivelate come delle parti assegnate di un duello ideologico, invece il gesto, la sapienza antica della legge del corpo, shunta qualsiasi raziocinante assegnazione di ruolo, e l’accostarsi, la vicinanza, intuirli come possibile antidoto all’aggressività e all’auto distruttività.

Solo queste scene evidenziate meritano tutto il film, la commozione è un grande regalo che si riceve nella visione d'un film, regalo raro, regalo prezioso (e non mi sono più lamentata dello scomodo e della stanchezza che m’era piombata addosso tutt’assieme mentre facevo fatica a tenere gli occhi aperti).
I registi russi -Sokurov è stato allievo di Tarkovskj, sono abili e attenti artigiani in questa arte della visione e della commozione, grandi dispensatori di una pensabilità legata allo scorrere della pellicola, non si resta indenni, qualcosa passa, qualcosa entra nell'immaginario e nella sfera dei sentimenti, non è mai, a questi livelli, la passivizzazione e l'ipnosi indotta dal film, ma vivacità di spunto di pensiero, attivazione della facoltà pensante e senziente.
Il cinema russo! Quanto t'adoro cinema russo!

A caldo nell’uscire, in quell’affrettarsi burocratico e rassegnato verso l’uscita, ancora presa dall’incantamento del film e dei pensieri e dell’emotività che mi aveva suscitato, è scaturito ben preciso in me questo pensiero ed ho potuto acchiapparlo e scrutarlo bene: che l’anima ha prepotentemente urgentemente bisogno della sua controparte, i rudi soldati che sono diventati mestieranti dell’arte della guerra, incanalandovi la loro e l’aggressività proiettata di tutta la comunità d’appartenenza bramano la gentilezza, la dolcezza ed il calore di una mano femminile, di un abbraccio caldo e pacifico, la luminosità propositiva e risolutiva di un altro punto d’osservazione rispetto al cieco incedere e all'ottundimentto della ragione e all'inerzia della banalita del male (Hanna Harendt);

la nonna che è stata dura nella sua vita, che si è difesa con la severità, che è stata ostinata nella coazione a privarsi dell’affettività, riconosce infine la debolezza, la paura di star sola, di esser rimasta sola, di essere stata lasciata sola e prova il desiderio forte di armonizzarsi col maschile in un vissuto di pacificazione e di condivisione di affetti buoni. Per questo ha fatto il viaggio, per integrare ricordi e memorie e per riconciliarsi con parti di se stessa, troppo a lungo accantonate, relegate e sopite.

(Allora traslando penso di che cosa ho bisogno io, ma mi blocco senza trovare risposta ed anche a voialtre care amiche chiederei, potendolo fare, di che cosa avete bisogno, quale la vostra controparte e quale la mia, che cosa reclamiamo?
Non ho l’incoscienza né l’ardire di poter rispondere, eppure nell’ interrogare, anche nel formulare la domanda c’è un senso, una ricerca di significazione)



(tutte le foto relative al fim, tratte dal web)


questa mia immagine invece è l'omaggio ad Alexandra, scelgo un papavero minimale e non altisonante ma ugualmente forte nella sua bellezza vera



9 commenti:

pinguil ha detto...

"l'anima ha bisogno della sua controparte" , ma non solo di quello.. l'anima va cibata di "vita" .. io ho smesso di farmi domande, ho smesso di pensare, ho smesso di voler capire e ho cominciato a cibarmi di quello che la vita mi sta dando.. non significa accontentarsi.. significa gioire di sorprese sempre nuove, perchè dietro l'angolo non sai mai davvero quello che ti aspetta... caspita quanto ho scritto!!

papavero di campo ha detto...

va cibata di vita, fino a saziarsi, che bello quando una giovane donna s'accorge di ciò e cerca di metterlo in atto!
fai splendide vacanze e vibranti!!

Anonimo ha detto...

pensa, per me il cinema e' uno sconosciuto completo. Guardo uno dei miei 4/5 film quando ho bisogno di una speranza... quindi con 4/5 film ho fatto tutto. I giorni scorsi in via del tutto eccezionale ho preso un dvd perche' mi ricordava kerouac e thoreau. fantastico. La mostra che faro'... non ne ho voglia... brucerei tutto. devo ricominciare da capo... 5 anni ad impiastrae per capire che la strada e' diversa. Grazie per essere passat nel blog ... un abbraccio

papavero di campo ha detto...

che film é?
quanto al brucerei tutto ci sento il germe dell'artista mai contento di sé:buon segno! io, però gli auguri e i complimenti per la mostra te li faccio lo stesso.. lo so che dai spago a frammenti di inquietudine e di malinconia ma ancora è un buon segno!
quando passi di qua mi fai piacere, a presto allora!

pinguil ha detto...

vibrerò fino allo sfinimento!! grazie, approdare sulle tue pagine è come ricevere un caldo abbraccio! a presto Ale

Caty ha detto...

...quando non sò rispondere alla mie domande faccio il gioco del " cosa non voglio ?" , perchè ho imparato che anche se mi sembra poco chiaro queelo a cui aspiro diventa magiacamente visibile esprimento tutto quello che invece non vorrei ( ..forse non mi sò spiegare ma è così ..); e papavero è come l'anima dell'albero , l'essenza nella forza.

papavero di campo ha detto...

caty è proprio vero e aggiungerei saggio ciò che dici e funzionale perché è nel dire ciò che non siamo e ciò che non vogliamo che viene fuori ciò che siamo e non posso non ricordare il poeta che lo ha detto:


Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

(Montale)

papavero di campo ha detto...

ale buon tutto allora!

Anonimo ha detto...

il film era "into the wild" r.

 
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