giovedì 29 luglio 2010

Abruzzo. Ricetta di mare. Piccole palamite e cicale pescate nel Mar Adriatico

prima:






e dopo:







a riequilibrare una serie di inviti a pranzi e cene, mi faccio venire voglia un giorno di cucinare,

andare dal pescivendolo dalle mie parti è di sicura soddisfazione, il pesce è pescato nel mare di fronte, è un pesce piccolo, ha prezzi quasi irrisori,

l'affabilità del pescivendolo, nel mio caso, ci sono due pescivendole, ben disposte ad accontentarti e pulirtelo il pesce persino quello piccolo da frittura, incredibile vero?

vedo sul banco delle piccole palamite (ad un prezzo di tre volte inferiore a quello del mercato di San Lorenzo a Firenze) e subito m'accendo di entusiasmo, loro, le venditrici si sorprendono, aggiungendo "qui non va molto, non lo capiscono e non lo piglia nessuno" ma come? m'indigno! un eccellente pesce azzurro! "pensa che è pescato da noi in alto mare abbiamo le nostre barche lo sa?" sì certo mah si vede che qui sono abituati bene fin troppo bene dico per chiudere,

vedo le panocchie (o pannocchie) (o canocchie certo) insomma le cicale di mare rovesciate sul dorso con le loro mille zampettine all'aria a fremere di rabbia e di impotenza chissà, son vive vive,

una delle due mi dà la dritta di praticare un taglio sul dorso della panocchia e di farcirla con pangrattato e aromi, io le rivolgo un sorriso ma non sto a dirle che con me sfonda una porta aperta, l'idea di farcire il pesce per me è di default!

così procedo:

preparo una farcia di pangrattato, aglio senza abbondare e basilico che infilo nei tagli su dorso delle palamite e nell'incisione dorsale delle cicale,

non sto ad esagerare con gli aromi perché non voglio dissenso da mia zia, che ancora implacabile si premura di ripetermi d'un pollo da me cucinato a suo dire troppo carico di profumi,

ah ma io mica incasso e taccio, no, non mi par vero di farle notare che guarda caso esiste qualcosa d'altro oltre al duo di prezzemolo ed aglio, ma qui funziona che hanno certezze di granito e nessuno potrebbe scalfirle venisse pure lo chef degli chef a confutarle, loro (loro chi? ma loro certe zie di mia conoscenza) gli fa un baffo e fanno sicure e radiosamente ostinate come sempre hanno fatto, continuerebbero per trecent'anni, il guaio, il guaio vero è che non avvertono neanche alla lontana un vago bisogno di variante! e che gli fai? un po'le strapazzo pigliandole sadicamente in giro alla fine, in casa loro, piego il capo alla coccia più dura!

in teglia da forno, su carta da forno, irrorato il fondo di abbondante olio e in minor quantità di vino bianco (trebbiano)per circa 30 minuti tutti a 200 gradi,

questa ricetta vivaddio è andata bene risultando approvata ed apprezzata,

ah dimenticavo, buttando un'occhiata fuori scruto una pianta di giovane alloro e qualche fogliolina qua e là è ovvio che la metta,

l'alloro si sa in tutto ciò di culinario salato che vada in forno, ci sta d'incanto, fa il suo dovere regale e rilascia il suo segreto profumo principesco!



3 commenti:

Carmine ha detto...

dovremmo imparare un po tutti a cucinare e pescare i pesci locali, invece di mangiare i soliti pesci spesso di provenienza estera

Francesca ha detto...

sì da me si dice pannocchie e le preferite in tenera età ninettina :)! bontà!
baci e sogni doro a te

papavero di campo ha detto...

gentile carmine la pensiamo uguale e credo tanti come noi, ce lo auguriamo!

franceschina allora risino al bianco e rosè di pannocchietta preparerò per te

 
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