24 settembre Leonard Cohen nella unica data italiana del suo tour duemiladodici: Verona all'Arena,
uno dei miei concerti più belli in assoluto,
caro Leonard che hai cantato per tre ore e venti con la stessa immutata energia del primo brano, come respirare e semplicemente parlare e modulare la voce e generoso con noi di un bis in più rispetto al concerto di Berlino, e che dedichi Suzanne in memoria di Fabrizio, e che balli leggero come una marionetta felice mentre esci saltellando sul palco trasformato in un leggiadro pinocchietto dell'esistenza che sa qualcosa di più rispetto a prima o qualcosa di meno ma che sa ballare davanti a tutti in segno di piccola leggera felicità,
la tua eleganza, interiore esteriore in continuo connubio, nella naturalezza vulnerabile della tua propria età, sei di bellezza ancora più essenziale e mi piaci di più da vecchio, esteticamente dico, perché c'è una resa una discrezione che non è più l'essere ostaggio di quelle pulsioni seduttive e di manie e costrizioni seducenti, il piacere e piacersi a tutti i costi, invecchiando, per me, è come se accettassimo quello che siamo, svelati per quello che siamo, uso questi plurali per parlare delle persone..l'artista quello che tu sei va su altri ordini del discorso..
l'artista Cohen è sublime, ha declinato amore e malinconia e dolori dell'esistente e sogno e metafore bibliche e aperture zen, ma l'artista è uomo, non li vedo in te disgiunti, è il tuo segreto, è il tuo dono, non solo d'una voce preziosa, ma le tracce di un sentire e un agire scelto ed elevato e delicato,
quanto affetto fra di voi sulla scena, quanto rispetto, penso che è un amore con giusto distacco, senza le smancerie, le affettazioni odiosissime del terrificante nostro impantanato volemose bene per comunella, per scontata consorteria, bensì una trama di gesto e comportamento affettivo con il riconoscimento dell'altro, del suo valore..e tu col cappello in mano in amorevole riverenza verso ognuno dei tuoi music lovers e loro grati a te e ugualmente amorevoli, con occhiate dolci e pudiche.. quante volte li hai menzionati e pronunciato i nomi uno alla volta e rivolto loro il tuo cappello in segno di affinità paritetica, primus inter pares,
ho visto scorrere sulla scena un linguaggio non verbale evoluto ed alto, un alfabeto del rispetto con amore, una sintonia di anime, con pudore e sobrietà,
grandiosi i tuoi musicisti, pezzi da novanta, eleganti e sobri nella loro professionalità ineccepibile, virtuosi uno per uno:
-lo struggente, anziano, Javier Mas , un Segovia delle strings guitar e del mandolino ( laud e bandurria) una bellissima faccia gitana d'amante col cuore vibrante;
-il giovane violinista, bello e teatrale alla malkovich, Alexandru Bublitchi;
-l'inquieto tenerissimo Neil Larsen all'Hammond -da svenire semplicemente- alle tastiere e all'accordion -che tuffo!-
-Roscoe Beck, il bassista, amico di lunga data e produttore,
- Rafael Gayol, drums/percussion che lancia bacchette in aria e se ne manca una fa ridere Leonard,
-lo strepitoso chitarrista Mitch Watkins, guitars e chitarra baritonale, dagli assoli strappacuore,
e le vocals:
Sharon Robinson, che fa un'Alexandra leaving da pura emozione da brividi;
e le due angeliche sorelle Webb, due angeli con facce e voci d'angelo, anche suonatrici , clarinetto e chitarra la Charley e harp la Hattie..i loro cori sono nella storia di Cohen, armoniche accompagnatrici dal portamento sentimentale come ninfe benefiche,
la tua band, una band whit love
e tu Leonard, di tenerezza arresa intriso, e di autoironica dolcezza talismano, ci riassumi la tua vita fatta di quarantacinque anni di musica e parole, della stessa sostanza dei sogni, parlando d'anima all'anima, facendo anima nel mondo, creando sintonia e armonia,
sì sei zen ma non sei monaco né guru,
solo sei te stesso votato e vocato ad essere Leonard Cohen, che ha il pregio di parlare andando a segno fuori del tempo anagrafico e cronologico, il tempo poetico è un tempo psichico fuori di coordinate temporali e spaziali, libero di errare, sganciato dalle maglie della coerenza razionale, ma simile a un fluire come fa Suzanne, simbolicità di donna e di sentimento, erraticamente fedele all'infedele vita confusa e chiara, nebbia squarciata dal sole ed ombra corteggiata e luce prepotente e gioco ininterrotto di desiderio e di paura, nell'esitazione e nella sfida più intrepida, il flusso misterioso della vita, caro Leonard, in cui ci si fa compagnia e ti si ascolta, nel nostro spazio segreto e poi in 12.000, spudoratamente lì davanti a tutti, tutti fra tutti, a dire di me a raccontarmi, guardando trequartidiluna, nel cielo limpido dopo l'acquazzone, nel fresco serale settembrino, con un sorriso stampato in faccia, a dondolare piano a estasiarmi di uno sconosciuto intimo uomo canadese chiamato Leonard, a spiarti col binocolo sullo stesso maxischermo per accorgermi che hai gli occhi verdi con pagliuzze marroni, come aveva il mio papà e che il tuo naso e il mento e il profilo gli assomigliano ma non cerco lui in te no! ma sono turbata delle somiglianze somatiche che vedo pur sapendo che ognuno è un'anima sola, uguale a nessun altro
-lo struggente, anziano, Javier Mas , un Segovia delle strings guitar e del mandolino ( laud e bandurria) una bellissima faccia gitana d'amante col cuore vibrante;
-il giovane violinista, bello e teatrale alla malkovich, Alexandru Bublitchi;
-l'inquieto tenerissimo Neil Larsen all'Hammond -da svenire semplicemente- alle tastiere e all'accordion -che tuffo!-
-Roscoe Beck, il bassista, amico di lunga data e produttore,
- Rafael Gayol, drums/percussion che lancia bacchette in aria e se ne manca una fa ridere Leonard,
-lo strepitoso chitarrista Mitch Watkins, guitars e chitarra baritonale, dagli assoli strappacuore,
e le vocals:
Sharon Robinson, che fa un'Alexandra leaving da pura emozione da brividi;
e le due angeliche sorelle Webb, due angeli con facce e voci d'angelo, anche suonatrici , clarinetto e chitarra la Charley e harp la Hattie..i loro cori sono nella storia di Cohen, armoniche accompagnatrici dal portamento sentimentale come ninfe benefiche,
la tua band, una band whit love
e tu Leonard, di tenerezza arresa intriso, e di autoironica dolcezza talismano, ci riassumi la tua vita fatta di quarantacinque anni di musica e parole, della stessa sostanza dei sogni, parlando d'anima all'anima, facendo anima nel mondo, creando sintonia e armonia,
sì sei zen ma non sei monaco né guru,
solo sei te stesso votato e vocato ad essere Leonard Cohen, che ha il pregio di parlare andando a segno fuori del tempo anagrafico e cronologico, il tempo poetico è un tempo psichico fuori di coordinate temporali e spaziali, libero di errare, sganciato dalle maglie della coerenza razionale, ma simile a un fluire come fa Suzanne, simbolicità di donna e di sentimento, erraticamente fedele all'infedele vita confusa e chiara, nebbia squarciata dal sole ed ombra corteggiata e luce prepotente e gioco ininterrotto di desiderio e di paura, nell'esitazione e nella sfida più intrepida, il flusso misterioso della vita, caro Leonard, in cui ci si fa compagnia e ti si ascolta, nel nostro spazio segreto e poi in 12.000, spudoratamente lì davanti a tutti, tutti fra tutti, a dire di me a raccontarmi, guardando trequartidiluna, nel cielo limpido dopo l'acquazzone, nel fresco serale settembrino, con un sorriso stampato in faccia, a dondolare piano a estasiarmi di uno sconosciuto intimo uomo canadese chiamato Leonard, a spiarti col binocolo sullo stesso maxischermo per accorgermi che hai gli occhi verdi con pagliuzze marroni, come aveva il mio papà e che il tuo naso e il mento e il profilo gli assomigliano ma non cerco lui in te no! ma sono turbata delle somiglianze somatiche che vedo pur sapendo che ognuno è un'anima sola, uguale a nessun altro