Mirò a Ferrara

È di quelle mostre quando dici ho fatto bene ad esser qui ed è già soddisfazione!

I quadri che più t’emozionano sono quelli degli inizi e pensi giocoforza che all’origine c’è un ‘energia dirompente –negli artisti e in tutti noi- c’è una forza vitalistica e potente che da “stato nascente” si fa creazione e innovazione.

Una girandola in testa, un’insalata catalana con questi ingredienti: il primitivismo, l’inconscio, la Catalogna, la Donna-Vita, la lezione di Paul Klee, la Terra e i suoi solchi, l’Albero con l’Orecchio, i grafismi, il tratto sacralizzato, le placche con l’accenno di ceramica lucente, la Testa di Toro di Pietra, le corde e le matasse di lane, la iuta bruciata, la tela squarciata, gli ammassi materici con catrame, carbone,terra, sabbia, sassi, e poi le megadimensioni della fine, quell’informe che stigmatizza tutte le vecchiaie da Monet a Tintoretto a Degas ugualmente in Mirò.

Mirò anticipatore di tutto quello che dopo è accaduto, lui primo informale, lui primo violatore di tela, lui prima di Rauschenberg, prima di Burri, di Vedova di Schifano, così pensi che quelli dopo, tutti hanno preso e rapinato e scopiazzato idee tant’è che l’originale vale per l’idea, vale di più ma non di pecunia quanto dell’impagabile novità.

Ci ho provato ad uno scatto vietato ma quanto intransigono i custodi-gendarmi! In un moto più stupido che trasgressivo l'ho proprio richiesto di farla una foto una solo,(in un attimo proficuo senza altri nella sala) ma poi ahimé mi sono sorbita la morale!

Poi alberi ariostei in piazza Ariosto, ma il locale cui siamo diretti è inspiegabilmente chiuso di giovedì, allora non ci resta che ripiegare a "quel fantastico giovedì" di cui disse un gran bene il vate Caffarri.