martedì 2 giugno 2009

Isola del Giglio a maggio. Giorni esclusivi intensi immersi nella natura deserta rigogliosa di fioritura



















































































Gli ultimi giorni di maggio sono stati giorni fortunati per un’immersione sensoriale negli spazi deserti dell’isola, sui sentieri solitari diretti ai fari, su camminamenti tortuosi e scoscesi fino alle scogliere e alle piccole calette raggiungibili solo a piedi col minimo di un’ora di cammino, o abbordabili direttamente dal mare.

Il clima è perfetto, non supera 30 gradi.

Sulle prime il fiatone, poi rotto il fiato si va che è una bellezza.

Gli insetti come rappers rincitrulliti incessanti officiano sibilanti riti predatori di suggenti monopolii.

I gabbiani, ah che specie infelice! altro che umanizzati Jonathan in preda a spasmi di libertà!

Anime condannate! a librarsi, a flirtare col vento, brevi momenti abbandonandosi e subito poi a competere con le forze ascensionali.

Incessanti volatori gridano con tutto il fiato che hanno in corpo, gridano grida onomatopeiche che sembrano stizziti fonemi umani.

Gli rispondevo e mi sentivano!

Si distraevano dal giro in codice e mi volavano in circolo sul capo! Per un po’ poi non è più aria e se ne vanno al richiamo di altra aria.

I gabbiani mi fanno pena.

Insistenti coattivi petulanti bisbetici divulgatori di un’eterna protesta inascoltata, irriducibili, ostinati, forzati, assoggettati alla corveèè affibbiata.

I gabbiani non trovano pace.

Li ho visti finalmente fermi e calmi, l’ultimo giorno del mio soggiorno quando tra piovasco e burrasca, il grigio ha omologato tutto e cielo e mare e aria tutto s’è fatto liquidità di piombo e loro, in raggruppamento in postazione schierati sulle rocce, immobili, passivi come discepoli gandhiani, assoggettati stavolta alla corveè dell’acqua, senza un battito di resistenza, in totale accettazione, quali monaci buddisti nella meditazione della resa.

Alcuni fattisi spudorati accattoni si avvicinano agli umani spiando il minimo movimento mascellare manducatorio.

Si piazzano lì vicinissimi, intrusivi, a controllare il manducare.

Si spingono a rovistare nelle borse a colpi di becco per trafugar qualcosa.

Non ho cibo con me altrimenti glielo spiattellerei lì sulla battigia ben volentieri pur di placare l'urgenza del ricatto dei loro bulimici impulsi e penso molto male di due giovani che, statue di pietra, non si commuovono per quasi tutto il loro pasto di carote di panini di pesche noci, solo alla fine capitolano e stanno per lanciare un paio di bocconi, anzi si mettono col bachino tra le punta delle dita ad incitarli a venirselo a prendere, e lì ho visto un barlume di animalesca dignità nel gabbiano, che si allontana e non abbocca come un biocco! (augurandomi che di quei due, pensi che sono dei pirla dei bischeri dei balenghi insomma come si dice in gabbianese, degli scemi).

Sono belli i gabbiani da vicinissimo, sul becco vorace hanno una macchia arancione colorata di hennè, mentre i piccoli con il piumaggio maculato sembrano degli sciacalletti in confronto, afoni per giunta aprono il becco azionando il leveraggio dandoci dentro con impegno eppure non emettono grido, che frustrazione! ecco perché si rifaranno da grandi, pigolano questo sì costringendo le mamme gabbiane ad emettere certi segnali d’allarme trapananti e ad agitarsi ancor più vistosamente in preda a nevrosi di gruppo!

Giorni fortunati, dicevo, per l’opportunità di assaggiare il silenzio, prima, molto prima dell’arrivo dell’orda vociante vacanziera del fine settimana. Eh già si vuole l’esclusiva, come se noi non fossimo people, si agogna la solitudine, rotta soltanto dai propri pensieri o dai propri oh di stupore e di commento proferito preferito “ma questo è il paradiso!”


13 commenti:

artemisia comina ha detto...

brava papavera, ho "visto" tutto!

per esempio gli insetti, come no.

però i gabbianetti gridano eccome, me ne ricordo uno, allo sprofondo, in un'isola della norvegia che non ci va nessuno, che aveva perso la mamma mi sa, e gridava come un disperato. ne abbiamo visti tanti di gabbiani nei viaggi al nord, pareti, scogliere, monti di gabbiani. e quelli che vengono sulle navi, e volano a velocità uguale a quella, e ti vengono vicino vicino, puntandoti negli occhi, forse scambiati per ostrica?

ma tornando al giglio, che bellezza.

papavero di campo ha detto...

sì anch'io li ricordo quelli del nord (trovammo un imbarco su una nave da cargo postale a risalire il fiordo) ma in special modo ricordo quelli di aberdeen, tanti e talmente starnazzanti fin sulle finestre dell'albergo che quella notte fu così inquietata dalla loro presenza che sognai che erano tutti dei principini per malia maligna tradotti gabbiani!

il giglio sì che meraviglia ma non vi va disgiunta questo tempo ad hoc, con troppa folla è altra cosa

nina ha detto...

ecco il mare gabbiani faro e papaveri. Hai incontrato tanti "segni" mentre mi chiedevo dov'eri.
e mentre io ero al teatro Beniamino GIGLI :)
un bacio, che bellezza.

papavero di campo ha detto...

ninettabella ciao!
al teatro beniamino gigli? qui gatta ci cova (premio, concorso spettacolo conferenza allestimento mostra -?-)

Romy ha detto...

Ecco dove eri! Persa nell'azzurrità...il battito del cuore che si fa battito d'ali....Col tuo post meraviglioso, dal titolo degno di Lina Wertmuller... costellato di foto luminose, e di riflessioni dolci/amare... mi hai fatto librare leggera, fino a costì, a codesto paradiso! Io amo i gabbiani e insieme ne ho paura... anche quando frugano tra i rifiuti, si mantengono di una bellezza immacolata, levigata, come sassi di fiume...Ti abbraccio, amica mia sognatrice! :-)

nina ha detto...

mostra fotografica , ma altrui! :D

papavero di campo ha detto...

romy cara romy!
il gabbiano è affascinante e dobbiamo scindere la nostra ammirazione dal suo comportamento che ahimé diventa preponderante di un eterno famelico,
però dici bene che figura, che bella figura detiene! e ad ali dispiegate fluttuante nel vento perde ogni miserabilità dell'accattone,

levigati come sassi di fiume
con puntuti occhi di penetrante vivezza
lasciano orme che sono anch'esse codici di geometria esistenziale (ricordi gli uccelli di franco battiato?)
e quando fluttuano nel cielo sembrano liberi!

Eli Ana ha detto...

meraviglia...mare, fiori, fari, rocce, gabbiani, piccole casette. colori, profumi e poi tu, sempre fiera, trasmetti forza dagli occhi. occhi che sanno vedere molto lontano.
grazie per tutte le emozioni che permetti di vivere leggendo le tue immagini e parole.......

Antonietta ha detto...

ehi ma la gente dov'è?è un'isola deserta?
o è il tuo regno privato dove campi d'aria e di sole?

papavero di campo ha detto...

eliana è stata una bella e piena immersione nella fisicità dell'aria, del sudore a camminare, del nutrimento olfattivo e della pienezza satura dei colori forti, grazie delle tue parole che mi giungono care!


antonietta, ringraziando il cielo non c'era nessuno sui sentieri:))

Effeti ha detto...

tutto è così familiare per me...similitudini e ricordi...i profumi li sento,come le voci dei gabbiani,per me presenza amica ...il loro planare nel vento per me ha un fascino particolare... corpo e mente oltre...

papavero di campo ha detto...

fulvia tu giochi in casa:)
moi invece debbo accontentarmi di una trasfertina!

Enrico Molino ha detto...

Ciao, siamo ora al Giglio, a Campese per l'esattezza! Stasera a cena un gabbiano simpatico e famelico ha cenato accanto a noi sulla nostra terrazza sullo splendido golfo di Campese.. Gli ho lanciato del prosciutto e subito lo ha beccato, ma poi ci ha ripensato e gli girava in torno con fare sospettoso! Sono pochi giorni che siamo qui e noi poveri cittadini non siamo abituati a convivere con cotanta natura. Dopo cena ho preso google e ho scritto gabbiani isola de giglio! Ed eccomi qua! Mi presento, mi chiamo Enrico, e complimenti per il tuo bel blog! Ne coltivo anche uno io quando posso... www.enricomolinoalba.blogspot.com

 
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