mercoledì 29 luglio 2009

Abruzzo. Mare Adriatico. Costa dei trabocchi. Ristorante "La Foce" a Rocca San Giovanni






























arrivare in terra d'abruzzo percorrendo tutta la statale 16 adriatica a partire da Civitanova Marche vuol dire metterci tanto tempo ma non è tempo buttato anzi è una lenta immersione nel territorio e nelle differenze dei luoghi pur minime, nei centri abitati a volte si va a passo d'uomo e un po' i nervi vorrebbero riaccendersi nella abituale tiritera della fretta ansiosa, ma superate le insidie della frenesia col filosofico pensare al viaggiare quale lenta progressione, s'insinua un altro più duro scoglio che straborda dai miti consigli, il rifocillarsi e dico per papavero-moi, perché altre scuole di pensiero salterebbero eccome il famelico retaggio, il punto è che non va bene niente, qui no per un motivo là no per una ragione, il feeling non scatta mai quando in testa c'hai un miraggio ideale della trattoria o ristorante in un certo modo con la location che alluzza e via allucinando, infine una pressione si fa potente: un cartello che reclamizza solo specialità di baccalà ah che bello! subito con l'acquolina e siamo già in abruzzo sopra Pescara, vicino Pineto, ma cavolo c'è delle teste malsane in giro perché dopo averci fatto accomodare in questa presunta oasi del baccalà ci viene comunicato che oggi hanno un banchetto e quello che possono servire sono solamente lasagne e grigliata mista, ah no perbacco, usciamo infastiditi pensando che sono loro dei baccalà anzi stoccafessi!
ci fermiamo alla Foce? sì buona idea! ma è cambiato tutto! ventanni fa era una baracca spontanea, molto spontanea!, abbarbicata sulla strada, e la ferrovia più sotto e più sotto ancora il mare, gestita da Nicola dagli umori cangianti, con ritmi aleatori e probabilistici del genere "quando mia moglie torna dalla processione, forse qualcosa si può fare da mangiare! (ma erano già le otto di sera) però che meraviglia quando in tavola atterrava quel mangiare! tielle di creta ricolme di brodetto con pomodorucci e peperoni a fette e poi pesce fritto e niente menù! Ricordi mitici!
Ora, il locale è stato rimodernato, sulla porta il salottino di vimini decisamente ti spiega che non è più quel locale che ti faceva sognare portandoti per mano in un romanzo di Tabucchi o in una nostalgia pessoiana di bettola portoghese!
si mangia bene, il pesce è fresco, ci mancherebbe altro, ma il primo è un po' intrugliato, lontano dalla naturalità perfetta del condimento allo scoglio, ma va bene! la sosta è graditissima, un buon Trebbiano nel secchiello del ghiaccio, il locale ameno e con quella vista di piante di fico, onde di mare, odor di vento e pennellate di colore ti sembra ancora d'essere in Portogallo oppure nell'Italia d'allora, illusoria, degli anni cinquanta e sessanta, che sprizzava da tutti i pori qualità ridenti d'ottimismo, quando l'atmosfera circostante e quella mentale s'abbeverava di speranza e s'arrendeva al naif in tutte le maniere ed agiva tutte le buone intenzionalità vitalistiche.

4 commenti:

a.o. ha detto...

Lo "sprizzare da tutti i pori qualità ridenti d'ottimismo" questo è mancato assai alla mia generazione, voglio dire, l'abbiam goduta anche noi la bella gioventù ma gli anni novanta sono stati altra cosa, che cosa esattamente... ancora non si sa.

Grazie Pap, della gita insieme a te.

papavero di campo ha detto...

quell'italia illusoria anni 50 e 60 è immaginifica, la immagino, la ricavo la deduco, la mia gioventù ha fermentato in altri climi, il 68 il femminismo gli anni di piombo e di ridente e di ottimismo niente però molta immaginazione al potere! molti sogni molta voglia e impulso a trasgredire ma anche paure e fragilità, ma il leit motiv era fabrizio de andrè, pasolini, francesco de gregori carla lonzi anais nin armanda guiducci..dopo è arrivata l'era della psicanalisi,
gli anni 90 sono stati l'edonismo reaganiano come diceva roberto d'agostino! dici giusto: mai si sa bene cosa sia quello che s'è vissuto

Francesca ha detto...

bello qui, grazie ai tuoi riflessi soprattutto. ritorno con te a un portogallo mai visto ma che sogno presto di visitare, quel faro qual faro lontano con papavero a gambe nude.

papavero di campo ha detto...

a francesca e a nina una poesia di Fernando Pessoa:

presi il mio cuore
e lo posi nell mia mano

lo guardai come chi guarda
grani di sabbia o una foglia

lo guardai pavido e assorso
come chi sa d'esser morto

come un'anima solo commossa
del sogno e poco della vita

 
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