giovedì 14 gennaio 2010

Acqua di colonia dell' Officina Profumo Farmaceutica S.M.N. "Marescialla" ispirata e dedicata a Leonora Dori Galigai (1568-1617)





Leonora Dori Galigai (Firenze, 19 maggio 1568 - Parigi, 8 luglio 1617) fu dama di compagnia di Maria de' Medici e influente personaggio della corte francese nei primi anni del XVII secolo.

Suo padre era carpentiere e sua madre balia presso la corte medicea quando nacque Maria de' Medici, nell'aprile 1573; nel 1588 il granduca Ferdinando la nominò cameriera di sua nipote. Per quasi trent'anni rimase al servizio personale di Maria, prima principessa toscana e poi, dopo aver sposato Enrico IV, regina di Francia.
Di modesta origine, entrò fin da piccola alla corte medicea per essere stata sorella di latte della futura regina di Francia, con la quale strinse fin da piccola una grande amicizia. Al momento della partenza di Maria per Parigi, dove doveva sposare il re Enrico IV, Leonora fu inserita nel suo seguito come dama di compagnia e guardarobiera e nel 1601 sposò Concino Concini, un piccolo nobile di origine aretina, anche lui facente parte del numeroso seguito di Maria.

Da quel momento Leonora sfruttò l'amicizia con Maria, divenuta reggente per conto del figlio minorenne (il futuro Luigi XIII) al momento dell'assassinio del consorte, per favorire una rapida carriera del marito, che fu colmato di onori e riconoscimenti. Nello stesso tempo, la coppia Concini-Galigai accumulava un ingente patrimonio con la vendita di cariche ed onorificenze e favoriva in tutti i modi i toscani presenti a Corte a svantaggio della nobiltà francese.
L'assunzione di un ruolo di potere alla corte di Francia mise a dura prova lo stato nervoso della Galigai. Spesso malata e soggetto a forme di esaurimento nervoso, la Galigai viveva prevalentemente al Louvre, a fianco di Maria de' Medici, svolgendo una limitatissima vita sociale. Anche i rapporti matrimoniali col Concini furono spesso tempestosi, tanto che, in diversi momenti, i due condussero vita separata.
Al momento dell'assassinio del potente marito (24 aprile 1617), vittima di una congiura di corte patrocinata da Luigi XIII, Leonora Dori Galigai fu arrestata con l'accusa di stregoneria e non poté nemmeno sperare nel soccorso della illustre amica d'infanzia, a sua volta esautorata dal figlio e confinata nel castello di Blois.
Condannata dopo un breve soggiorno alla Bastiglia ed un rapido processo per stregoneria, Leonora Dori Galigai fu decapitata e poi il suo cadavere fu messo al rogo e bruciato il successivo 8 luglio in Place de Grève a Parigi.




Da http://wapedia.mobi/it/Leonora_Dori_Galigai




La vicenda di Leonora Galigai è strettamente intrecciata a quella di Maria de Medici, le due donne furono amiche d’infanzia, amiche da adulte, l'una dama di corte dell’altra e compagne ugualmente in bella e cattiva sorte.

Chi abbia gusto ad approfondire storicamente, ecco due rimandi di taglio storico sulle vicende “degli italiani” calate ben dentro les coulisses de l’histoire de France: sono pagine drammatiche in cui agiscono personaggi influenti del calibro di re e regine e grandi faccendieri del calibro di Richelieu,

(ci sono anche immagini pittoriche di Leonora Galigai, di suo marito Concino Concini e di Maria d Medici)

http://www.storiadifrancia.it/Histoire%20du%20Louvre/Parte

http://www.storiadifrancia.it/Richelieu/Richelieu.htm

l'esposizione in sintesi che segue si trova in
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/23/due-regine-di-francia.html )

….. Ma nel perseguire il suo programma politico, Maria commise due gravissimi errori. In primo luogo, decisa a conservare il più a lungo possibile il potere, ella dimenticò che il compito di una reggente era quello di mettere quanto prima il giovane re in condizione di regnare e tenne il figlio lontano dagli affari, non mostrandogli la considerazione e il rispetto che gli erano dovuti e provocando in lui un risentimento profondo e un altrettanto forte desiderio di rivalsa.

In secondo luogo si scelse come consiglieri Eleonora Galigai, la compagna di giochi che l' aveva seguita in Francia e suo marito Concino Concini, un avventuriero senza scrupoli che, arrivato ad assumere di fatto le mansioni di primo ministro, si attirò con la sua rapacità, la sua brutalità e la sua arroganza l' odio di tutta la corte e in special modo quello del giovane sovrano.

Ed è proprio facendo trucidare Concini dalle sue guardie che, a quindici anni e mezzo, Luigi sfidava l' autorità della madre e annunciava la sua volontà di regnare. Maria, tuttavia, non era disposta a farsi mettere da parte e per difendere la sua posizione di potere non si limitò all' intimidazione psicologica e al ricatto affettivo, ma ordì complotti, assoldò degli eserciti e incitò il figlio secondogenito, Gastone d' Orléans, a entrare in aperto conflitto con il fratello.

Solo nel 1631, ella capì che la partita era persa e prese la via di un esilio senza ritorno. L'ambizione di Maria non produsse solo disastri. Sul piano artistico aveva rilanciato quella feconda collaborazione tra l'Italia e la Francia che aveva contraddistinto la monarchia dei Valois e, non paga di essersi fatta costruire lo splendido palazzo del Louxembourg, volle celebrare da viva la propria apoteosi affidando a Rubens il compito di illustrare gli episodi centrali della sua vita in un ciclo di pitture unico al mondo.

E almeno in un' occasione diede prova di intuito politico prendendosi come segretario Armand-Jean du Plessis de Richelieu, un giovane prelato di provincia assurto nel 1622 al rango di Cardinale. Richelieu non si sarebbe, è vero, fatto scrupolo di tradirla passando dalla parte di Luigi XIII, ma era lo stato francese che egli intendeva in primo luogo servire.

Se Caterina aveva salvato la Francia, Maria aprì la strada a colui che intendeva farne la maggiore potenza europea e, morto Richelieu, sarebbe stato ancora una volta un italiano, il Cardinale Giulio Mazzarino a portare a compimento l' impresa del suo predecessore consegnando nelle mani del giovane Luigi XIV un grande regno vittorioso e pacificato.

ho trovato poi la novità d'una trasposizione della vita tumultuosa della Marescialla in Opera " la Marescialla d'Ancre di Alessandro Nini su libretto di Giovanni Prati,

"La Marescialla d’Ancre" e le altre a Jesi

Successo per le proposte della XXXVI Stagione Lirica del Teatro Pergolesi della città marchigiana.

di Alberto Pellegrino

A partire dal 1995, il palcoscenico del Teatro Pergolesi si è ogni anno proposto come un grande laboratorio dove vengono “restaurati” i melodrammi di compositori marchigiani spesso dimenticati nel quadro di un “Progetto di riscoperta della civiltà musicale marchigiana”, che ha visto tornare alla luce una serie di opere (Teseo riconosciuto di Gaspare Spontini, Giulietta e Romeo di Nicola Vaccai, Il Prigionier Superbo e la Serva Padrona di Giovanni Battista Pergolesi, Ruy Blas di Filippo Marchetti, Ines di Castro di Giuseppe Persiani, Il Domino nero di Lauro Rossi (2001), Mirra di Domenico Alaleona) che rappresentano un notevole contributo, anche sotto il profilo discografico, alla conoscenza della storia musicale delle Marche.

La XXXVI Stagione lirica di Jesi si è aperta il 26 e 28 settembre con l’allestimento dell’opera La Marescialla d’Ancre, composta dall’operista Alessandro Nini (Fano 1805 - Bergamo 1880), il quale ha iniziato gli studi a Fano per poi proseguirli e concluderli presso il Liceo Musicale di Bologna. Nel 1830 Nini ricopre gli incarichi di maestro di cappella in Ancona e Montenovo, quindi si trasferisce a Pietroburgo dove dirige la Scuola di canto fino al 1837. Ritornato in Italia debutta come operista nel Teatro San Benedetto di Venezia con il melodramma Ida della Torre, nel 1840 va in scena con l’opera Cristina di Svezia su libretto di Salvatore Cammarano e Giovanni Sacchero. Quindi riprende la sua attività di maestro di cappella prima a Novara (1843), poi a Bergamo dal 1847 alla morte, impegnato anche come direttore dell’Istituto Musicale fino al 1875. Nini ha lasciato in tutto tredici opere liriche, una vasta produzione sacra, romanze per canto e pianoforte e la cantata I Crociati in Palestina per soprani, bassi e orchestra.

La Marescialla d’Ancre, che deve essere considerata il suo capolavoro, va in scena con successo nel 1839 presso il Teatro Nuovo di Padova. L’opera resta in cartellone fino al 1851 con oltre quindici allestimenti a Genova, Bergamo, Firenze, Roma, Torino, Venezia e Milano, mentre in Europa viene rappresentata a Zara, Barcellona, Lisbona e Oporto, per poi oltrepassare l’oceano e andare in scena a Rio de Janeiro (1850), Buenos Aires (1855) e Valparaiso (1857). Nella seconda metà dell’Ottocento il melodramma esce purtroppo dai cartelloni stagionali, soppiantata dal “ciclone” Donizetti e Verdi, per cadere progressivamente nel dimenticatoio, da cui l’ha ora strappata questa edizione jesina che è la prima rappresentazione mondiale in epoca contemporanea.

L’opera, che presenta la liricità e la passionalità della stagione romantica, già dominata da Bellini e Donizetti, si fa apprezzare per una sua cantabilità e l’avvincente e drammatica connessione fra musica e avvenimenti, arrivando a punto di indubbio valore con la Cavatina Oh! vane pompe, la Romanza Chi ti ruba agli occhi miei, il Duetto di particolare bellezza Chi ti ruba agli occhi miei, il Quartetto Vedi, o Concini, il fato nel primo atto; il coro O luce, conforto ai mesti mortali, il Terzetto Ecco Isabella, apprestati, l’Aria O sogni miei di gloria, il Duetto Per trent’anni io ti cercai, il coro funebre Il perdono delle tue viscere e l’Aria finale Odi i supremi accenti nel secondo atto.

L’opera è stata interpretata con intensità e valore dal soprano Chiara Taigi (La Marescialla) e dal mezzosoprano Monica Minarelli (Isabella Monti), mentre nelle parti maschili si sono distinti il baritono Marzio Giossi (Michel Borgia), il basso Francesco Palmieri (il Conte di Luynes) e il tenore Maurizio Comencini (Concino Concini), bene il Coro Bellini diretto dal M° Carlo Morganti e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana diretta dal M° Fabrizio Maria Carminati che ha voluto sottolineare la carica romantica dello spartito, abbandonandosi a qualche passaggio bandistico di troppo.

La regia è stata affidata a Michele Mirabella che, pur rimanendo nella tradizione, ha puntato sulla drammaticità del melodramma connotata da forti sentimenti (odi, vendette, amori infelici, passioni e intrighi politici) e sottolineata da una gestualità tendente ad esternare (secondo una citazione ottocentesca) questa prorompente passionalità; sulla stessa linea le scenografie di Paolo Calafiore che ha rispolverato le forti architetture gotiche così care ad Alessandro Sanquirico; eleganti e cromaticamente armonici i costumi di Paolo Rovati.

Il libretto costituisce un’autentica sorpresa, perché rappresenta l’unica incursione nel mondo della lirica di un giovane Giovanni Prati (1814-1884), un poeta destinato a diventare, insieme all’Aleardi, il maggiore esponente della seconda generazione romantica, come autore della novella in versi <>e di alcune raccolte di liriche fra cui vanno segnalati i Canti lirici e i Canti per il popolo e ballate; in vecchiaia egli abbandona gli ardori patriottici e risorgimentali, per dare il meglio di sé nei poemetti Iside e Psiche, che precorrono per certi aspetti il simbolismo del Pascoli.

La storia è ambientata nella Parigi del primo Seicento, dopo la morte violenta di Enrico IV che ha lasciato sul trono il piccolo Luigi XIII. Il ruolo di reggente è svolto dalla madre Maria de’ Medici, che affida il governo al suo favorito, il fiorentino Concino Concini (1575-1617) al cui fianco c’è la moglie Eleonora Galigai (la Marescialla). Nel 1617 finiscono entrambi giustiziati per ordine di Luigi XIII eseguito dal suo consigliere il conte De Luynes. In questo modo il re si riappropria del potere che gestirà, a partire dal 1624, avendo al fianco il cardinale Richelieu (che nella regia di Mirabella ha assistito impassibile alle vicende dal palco di proscenio del primo ordine).

Giovanni Prati, mescolando storia e fantasia, ha ambientato la vicenda a Parigi nel 1617, quando i congiurati si apprestano ad abbattere Concini; uno di questi, Michel Borgia, si appresta a vendicarsi dell’italiano che gli rapito la donna amata, Eleonora Luisa Galigai, a cui invia una lettera anonima per informarla del pericolo che corre. Intanto l’ebreo Armando l’Alchinista aderisce alla congiura, mentre nella sua casa entra Concini travestito da “cantor italiano”, essendosi invaghito di Isabella, moglie del Borgia. In realtà egli vuole scoprire le trame politiche del marito ed assiste ai tormenti di Isabella, che sospira d’amore ed è addolorata dall’idea che il marito abbia un’amante di cui ha trovato il ritratto.

Quando la donna mostra il medaglione al Concini, questi scopre che si tratta della Marescialla, per cui in preda alla collera esaspera la gelosia di Isabella. Irrompono nella casa il Borgia e la Marescialla e le due coppie si affrontano sconvolte dall’odio, dalla gelosia e dall’opposta rivalità. Sopraggiungono anche i partigiani di Luigi XIII che fanno prigionieri di due Concini. Nella Bastiglia, dove è rinchiusa con i due piccoli figli, la donna sta meditando sulle sue sciagure, quando entrano nella cella il Borgia e Isabella, a cui la Marescialla raccomanda i due bambini, di fronte ai quali la rivale commossa dichiara che testimonierà a suo favore dinanzi ai giudici.

Nel frattempo Concini viene liberato dai suoi partigiani, mentre de Luynes annuncia che il destino della Marescialla, accusata di arti magiche dinanzi all’Inquisizione, è ormai nelle mani di Luigi XIII. La Marescialla, trascinata dinanzi al tribunale, viene scagionata da Isabella, ma sopraggiunge un dispaccio del re con la sentenza che condanna a morte Elena Luisa Galigai. Nella via dove è stato assassinato Enrico IV, il Borgia si scontra con Concini che viene ucciso dal rivale. La Marescialla viene condotta al patibolo accompagnata dai figlioletti, al maggiore dei quali affida il compito di vendicarla.

(in http://www.fenice.org/musicult/commenticlassica/132.htm)





Il Palazzo della Marescialla si trova in Borgo Ognissanti 9 a Firenze.

L'edificio, dalla facciata barocca particolarmente sfarzosa, deve il suo nome al titolo di Leonora Dori Galigai, la confidente di Maria de' Medici che con suo marito Concino Concini, maresciallo di Francia, riuscì a guadagnarsi spropositati favori al seguito della regina, a Parigi, prima di finire tragicamente vittima di re Luigi XIII.
A Firenze il suo palazzo rispecchia lo sfarzo in cui viveva la coppia grazie alla strettissima amicizia con Maria. La facciata presenta un balcone sopra il portale centrale, come aveva diffuso Gherardo Silvani, sorretto da due semicolonne in pietra serena. A ciascun piano le finestre hanno timpani in elaborate forme, diverse per ciascun livello: al piano terra sono ad arco con la valva di una conchiglia a decorazione; al primo sono triangolari con i profili concavi; al secondo piano sono convessi.
Sul portale del terrazzino, con balaustra in ferro battuto, si trova lo stemma dei Concini, con le catene incrociate.

(da http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_della_Marescialla )


Altre notiziole d’ordine genealogico si ricavano dal forum del sito I nostri avi in

http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=12&t=4247

Eleonora Galigai fu una importante figura storica tra il 1500 ed il 1600. Nata a Firenze divenne dama di Palazzo e Favorita della Regina di Francia Maria de' Medici. Grazie al matrimonio con Concino Concini, pure lui fiorentino, che aveva fatto una rapida e clamorosa fortuna specie dopo la morte di Enrico IV, divenne Marchesa di Ancre. Nel 1617 dopo che era caduto in disgrazia il marito che in un breve arco di tempo aveva comperato nel 1610 il marchesato di Ancre e nello stesso anno assunto il governatorato della Piccardia, nel 1611 quello della Normandia per diventare " Maresciallo " nel 1613, per volere del Re Luigi XII, appena questi divenne maggiorenne, fu fatto uccidere, anche la Marchesa, nello stesso anno, fu fatta decapitare e bruciare per stregoneria e lesa maestà, a Parigi.

il vero nome di Eleonora Galigai era Dianora Dori (o Dosi, secondo altre fonti), ed era figlia di un falegname fiorentino e di una lavandaia. Prese il cognome Galigai solo per aggregarsi indebitamente alla nobiltà fiorentina.

La madre di Dianora o Eleonora era una Galigai e a quanto pare con ella si estingueva il suo Ramo. La figlia, quindi, assunse del tutto legittimamente il cognome materno.

Per quanto riguarda il problema della Dori (il cognome Galigai fu assunto tardi e solo per darsi una patina di nobiltà che le mancava), i suoi dati sono riscontrabili facilmente in un bel articolo scritto per Historia nel 1977 da Alain Decaux, celebre storico e Accademico di Francia. Non era affatto nobile e la parentela con i Galigai patrizi è tutta da dimostrare! Che la madre portasse lo stesso cognome è un altro problema.

Dianora, figlia di Giuliano d'Antonio, "legniaiuolo" della parrocchia S. Ambrogio, sarebbe nata il 23 alle 4 e avrebbe avuto per padrini Marco di Domenico e Costanza di Iacopo. L'assenza di cognomi e del nome della madre apparentemente non depone a favore di qualsiasi nobiltà. Occorrerebbe ovviamente vedere la registrazione integrale
.


Non ho, invece trovato riferimento alcuno alla conoscenza di erboristeria da parte di Leonora né specifica allusione a questo profumo che leggenda dice lei abbia composto e inventato e che da lei appunto ha derivato il nome e il fascino.






2 commenti:

verderame ha detto...

ho seguito con gusto la seconda parte di storia dedicata alla marescilla e mi assale una grande curiosità di sapere che che tipo di profumo abbia ispirato, amo i profumi che hanno una storia, ma direi che questa è eccezzionale, è un profumo dolce, legnoso, speziato...di cosa sa?
grazie Marina

papavero di campo ha detto...

ciao marina, or ora ho messo un nuovo post proprio sulla maresciallità!
a presto!

 
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