venerdì 3 febbraio 2012

Hugo Cabret di Martin Scorsese, film stupendo





Ho visto con somma emozione Hugo Cabret, in prima uscita italiana proprio oggi, di Martin Scorsese. Un film stupendo, grandiosamente spettacolare e tenero..vi pare poco? Impagabile l’emozione di precipitare in una emotiva commovente storia d’immaginazione –il film è in 3D con quegli effetti un po’ strappabudella di stare infilati dentro la scena, cacciati e spintonati a strettissimo contatto delle cose e con la neve che ti viene in faccia e i pesci dell’acquario che stanno navigando nell’aria.

La trama, altamente avvincente, un intreccio tra fiaba d’impianto dickensiano, immaginazione al potere, celebrazione del sogno attraverso l’invenzione del cinema, fascinazione degli inizi della magia cinematografica, devozionale testimonianza del tributo d’amore alla bellezza dell’arte cinematografica e infine e non da poco, l’elogio in ricerca di significazione della ratio contenuta nella metafora dell’ingranaggio perché “ognuno, come in un ingranaggio, deve fare la sua parte”.

Sì proprio l’ingranaggio meccanico concreto e tipicizzato degli orologi e degli automi di animazione –con scene strepitose da emozione pura, che richiamano tutta la suggestione che imperversa sovrana nella fumettistica e nella letteratura di fantascienza ( penso all’indimenticabile Blade Runner, anche al bellissimo Intelligenza artificiale di Spielberg).

Mi si affollano in testa una serie di rimandi, alla questione dell’anima indagata perlustrata e incessantemente ricercata e alla complessa questione, affrontata in psicoanalisi, della desertificazione interiore di contro all’epifania della vividezza dell’anima in tutte le sue manifestazioni di anelito vitale.

Oltre a tutte le necessarie e fondanti intenzionalità dello sforzo, d’una qualità potente e inarrestabile, cosciente e inconscio, all’individuazione tenace che muove il bambino protagonista, viso-occhi-corpicino, con un coraggio e una determinazione da gigante dentro la fragilità minuta, una meravigliosa icona fiabesca che ce lo rendono caro e amabile, nell’immediata immedesimazione, l’orfano in solitudine e deprivazione che però è riscaldato e rafforzato dalla buona interiorizzazione della figura paterna. E confortato e spronato dall’amicizia affettiva con la radiosa ragazzina appassionata di libri, delicata e forte nel consenso all’avventura, nell'attaccamento, nei legami d’affetto.

E con tutte le altrettanto fondanti pulsioni conoscitive –quelle che foggiano carattere e personalità e destino, in quanto esplorazione avventurosa e sfida e gioco vero di voler sapere e scoprire e capire.

Non manca –che in ogni fiaba s’impone, l’incontro inevitabile, nella durezza delle prove della vita, con il Superio sadico crudele e persecutorio, rappresentato dalla stereotipale figura dell’ispettore di polizia, eccessivo ma anche buffo e intenerito assetato com'è di romanticheria –a sua volta orfano deprivato e disumanizzato perciò vittima in identificazione con l’aggressore, che pare un redivivo Javert dei Miserabili di Hughiana memoria, il solito secondino condannato al ruolo di persecutore, come il Giuda, a tradire, nella storia del Cristo.

E il cane Maximilian, strepitosa icona di doberman, devoto operatore della Legge, spietato e inesorabile ma per imprinting, in funzione di ausilio e protesi lui stesso e vittima coinvolta nella mutilazione di guerra in cui è incappato l'Ispettore.

E comunque come in ogni fiaba vera che si rispetti, c’è alla fine l’aspetto salvifico, della redenzione, che altro non è che riparare, l’atto di riparazione che cicatrizza le ferire e che nell’atto di salvare l’altro, protegge finalmente chi lo compie.

Un film pieno zeppo di tuffi nell’emozione e di spunti alla pensabilità e di bellezza pura mozzafiato nella rassegna scenografica per non parlare dell’omaggio palpitante del cuore cinefilo ai pionieri del cinema, ai fratelli Lumière, a Buster Keaton, a Charlot e a tutti quanti gli artefici in smisurata serie di maghi fautori e attori della magia cinema.

Toccante e appassionato il tributo allo scrittore visionario per eccellenza, a Giulio Verne. Il suo viaggio sulla luna nel film è la citazione che ingaggia le immagini più incantevoli. Il sogno può farsi sfrenato, appagare ogni richiesta dell'immaginazione, compensare tutte le paralisi quotidiane, sfoderare ogni prodezza e svettare altissimo fino a intrufolarsi nella luna.

Un grandissimo geniale Scorsese, charmant lui stesso nell’apparizione della sua scena cammeo.

Film da visione ricca articolata che espande temi a vista d'occhio -sic!- e a vista "visionaria" immaginativa e concentrica e dilatata, gioco onirico all'infinito, esaltazione del sognare in tutti i modi possibili immaginabili e vero tripudio al bisogno del sogno.

Da vedere assolutamente e che dopo desideri rivedere. In sala, di pomeriggio alle 18, eravamo solo in dieci –ah la meraviglia d’una proiezione privata, finisce il film e sono così toccata dalla sua magnificenza, che batto le mani, sì da sola – Reaper, in questi casi s’imbarazza, dopo tanti anni ancora non si capacita di certa mia intemperanza e ridendo, tenerissimo però, mi fa segni di non insistere.
E’ che a un film così è d’obbligo fare applausi, meritatissimi!






Hugo Cabret 3D (Martin Scorsese) - Trailer ufficiale italiano




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